Marco Caldara
16 August 2017

La dura risalita di “Delpo”

Gli exploit del 2016 avevano lasciato immaginare un ritorno dirompente di Juan Martin Del Potro, invece la sua classifica oscilla da una decina di mesi fra il numero 30 e il numero 40. Non ha giocato tantissimi tornei, e ha perso quasi solo contro i top-10, ma l’impressione è che gli manchi ancora qualcosina. In America ha la chance per risvegliarsi: a Cincinnati può andare in fondo, e a New York sarà pericoloso.
Con i finalisti del 2016 Wawrinka e Djokovic fuori fino al prossimo anno, Murray in dubbio e tanti altri top-10 acciaccati e costretti a rinunciare al torneo di Cincinnati (tanto che era dal Canadian Open del 1996 che un Masters 1000 partiva con appena tre dei primi dieci del mondo), ci sono buoni presupposti per cui il prossimo Us Open si riveli uno degli Slam più aperti dell’ultimo decennio. Scorrendo i petali della margherita dei potenziali outsider, merita sempre una menzione Juan Martin Del Potro, anche se, risultati alla mano, la stagione dell’argentino si sta rivelando un tantino inferiore rispetto alle aspettative. I grandi exploit dello scorso anno, come le vittorie contro Djokovic e Nadal alle Olimpiadi di Rio De Janeiro, quella con Murray nelle semifinali di Coppa Davis, e ancora contro Wawrinka a Wimbledon e Thiem a Madrid, sembravano aver gettato le basi per un ritorno dirompente di “Palito”, pronto a recuperare in fretta un posto fra i primi cinque giocatori della classifica ATP, dove aveva dimostrato di poter stare sia prima sia dopo la prima operazione al polso. Invece, da una decina di mesi il suo ranking oscilla fra le posizioni numero 30 (attuale) e 40 del mondo, e di vittorie di spessore non se ne vedono da un pezzo. Il suo miglior risultato del 2017 sono i quarti di finale agli Internazionali d’Italia, dove ha battuto l’unico top-10 (Nishikori) e aveva confessato di non sentirsi troppo lontano dai suoi livelli migliori. Invece, i primi sei mesi della sua stagione – iniziata a metà febbraio – gli stanno dando torto, facendo sorgere qualche dubbio sulle reali frecce che il 29enne argentino può sparare nella sua seconda carriera, specie se si paragona questo rientro a quello del 2011, quando nel giro di un anno tornò fra i primi dieci del mondo. Anche se, va detto, al tempo giocava con più costanza, mentre nel 2017 ha disputato appena undici tornei.
L’OCCASIONE DI CINCINNATI
La situazione si può vedere in due modi: o vuol dire che Del Potro non ha le armi e la continuità per tornare fra i grandissimi, oppure che ci vorrà altro tempo, come sembrano suggerire sia le sue parole (“sto migliorando settimana dopo settimana”, ha detto sette giorni fa in Canada) sia l’alibi che emerge analizzando nel dettaglio le sue sconfitte. In effetti, di passi falsi l’argentino ne ha fatti gran pochi: magari non avrebbe dovuto perdere contro Gulbis a Wimbledon o contro Shapovalov a Montreal (ma ci ha perso anche Nadal), mentre all’Estoril contro Gastao Elias era acciaccato e negli altri sette tornei giocati si è arreso tre volte a Djokovic, e una a Raonic, Federer, Murray e Nishikori. Tutte sconfitte che ci stanno, e l’hanno obbligato a salutare in anticipo dei tornei che magari, con un tabellone migliore, potevano assumere contorni diversi e riportarlo in alto più rapidamente. La risposta definitiva sulla situazione arriverà solo in futuro, ma intanto potrebbe giungere qualche ulteriore suggerimento dal Masters 1000 di Cincinnati, dove il tennista di Tandil (semifinalista nel 2012 e nel 2013) è tornato dopo quattro anni di assenza, partendo alla grande. Ha superato in rimonta Tomas Berdych, giocando il suo miglior tennis fra le fine del secondo e il terzo set, e al secondo turno ha ricevuto in omaggio il qualificato Mitchell Krueger, numero 244 del mondo. Nella parte basse del tabellone sono rimasti solamente un top-ten (Zverev, ma reggerà dopo aver vinto due tornei due fila?) e altre due teste di serie, ragion per cui “Delpo” sembra nella posizione ideale per puntare ad arrivare in fondo. Sarebbe il modo ideale per lasciarsi alle spalle i dubbi, e mettere tutti in guardia in vista dello Us Open. Dopotutto, resta uno dei pochi a sapere come si vince a Flushing Meadows.
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