Dicembre è l'ultimo mese dell'anno, quello in cui finisce tutto. Il mese in cui si fanno i bilanci e si pensa al futuro. 20 anni fa esatti, rappresentò anche la fine di un sogno. Un'intera generazione di appassionati aveva la speranza di vestirsi di gloria tennistica, scrollandosi di dosso i racconti dei genitori che avevano vissuto il trionfo di Santiago del Cile, unica Coppa Davis mai vinta dall'Italia. Dopo i gioiosi anni 70, il nostro sport si era assestato su livelli decisamente inferiori, ostaggio di tanti errori che in questa sede non è il caso di rispolverare. Intorno alla metà degli anni 90, tuttavia, comparve un gruppo di ottimi giocatori. Andrea Gaudenzi e Renzo Furlan non erano forti come Panatta e Barazzutti, ma sapevano il fatto loro. Diego Nargiso non era magico come Paolo Bertolucci, ma il doppio era il suo pane quotidiano. E Davide Sanguinetti, soprattutto in quel 1998, dimostrò tutto il suo valore. Le semifinali del 1996 e del 1997 furono l'apripista a una stagione surreale e un po' fortunata. Con Furlan in crisi, l'Italia scoprì Davide Sanguinetti nel primo turno, a Genova contro l'India. Perse il match d'esordio contro Bhupathi, ma sulla terra gli indiani erano troppo scarsi. A una decina di fusi orari di distanza, a Mildura, i fratelli Black firmavano una delle più grandi sorprese nella storia della competizione e lo Zimbabwe batteva l'Australia a domicilio. Fu un bel favore per gli azzurri: nel cuore dell'estate, col Paese ancora un po' scosso dalla traversa di Di Biagio a Saint Denis, fecero a fettine gli africani al TC Prato. In semifinale c'erano gli Stati Uniti, in trasferta, e ancora una volta la buona sorte diede una mano agli azzurri di Paolo Bertolucci, che l'anno prima aveva rilevato una panchina vacante dopo le dimissioni di Adriano Panatta e il seguente terremoto politico, che mise fine alla presidenza di Paolo Galgani. A Milwaukee, i nostri avversari si chiamavano Todd Martin e Jean Michel Gambill. Onestamente, un insulto per la storia tennistica di un paese che in quel momento aveva Sampras e Agassi. Ma non era colpa degli azzurri, che in Ohio fecero il loro dovere. Gaudenzi OK, Sanguinetti super contro Todd Martin, poi il doppio vinse in cinque set e partirono i festeggiamenti. Italia di nuovo in finale, a 18 anni dai furti di Praga.