Marco Caldara
01 September 2018

Quattro ore e mezza per sentirsi più forte

Nel match dello Us Open più lungo della sua carriera, Rafael Nadal vince una battaglia serrata contro un superlativo Karen Khachanov, capace di tenere il suo ritmo più a lungo del previsto. Avrebbe potuto vincere tutti i set, mentre se n'è preso uno solo, ma esce a testa alta.
L’exploit non è arrivato, perché per quanto gli avversari possano sbatterlo da una parte all’altra del campo, bucherellarlo con una pioggia di colpi vincenti e mettergli paura sul serio, Rafael Nadal una via per venirne a capo la trova quasi sempre, come se facesse parte del suo DNA. Ma il duello dello Us Open fra il numero uno del mondo e Karen Khachanov entra di diritto fra le battaglie da ricordare del 2018, anche senza un quinto set che avrebbe reso il tutto ancora più gustoso. Non è arrivato, perché Nadal ha deciso che quattro potevano bastare e l’ha spuntata per 5-7 7-5 7-6 7-6, ma la qualità emotiva di una partita davvero intensa non è cambiata di una virgola. Per capire quanto sudore “Rafa” ha dovuto lasciare sul Decoturf dell’Arthur Ashe Stadium basta dare una sbirciata all’enciclopedia delle statistiche della sua carriera, e scoprire che nei suoi 65 incontri precedenti a Flushing Meadows, 55 vinti e 10 perse, al guerriero di Manacor non era mai capitato di restare in campo per 4 ore e 22 minuti. Curioso sia successo proprio nella prima edizione che prevede l’utilizzo dello shot clock, quindi coi 25 secondi fra un punto e l’altro rispettati sul serio (o quasi), ma la ragione è da cercare soprattutto nel match straordinario giocato dal 22enne moscovita. Khachanov ha saputo tenere il suo ritmo per oltre quattro ore, nello stadio di tennis più grande del mondo, picchiando forte con servizio e diritto, non perdendo campo col rovescio, difendendosi bene e approfittando delle insicurezze di un “Rafa” meno brillante del solito, impacciato a rete e col killer instinct in standby. L’ha costretto agli straordinari, reagendo a tutte le difficoltà e arrivando a un solo punto da un quinto set che avrebbe meritato di giocare. Ma contro i campioni di treno ne passa uno solo, e va preso.
RIMPIANTI PER IL SECONDO SET
Il bicchiere mezzo vuoto racconta che il russo ha perso tre set di fila dopo essere arrivato rispettivamente a due punti, due punti e un punto dal portarli a casa, ma significa anche che la superiorità di Nadal è stata tale solo nelle fasi decisive, a volte per meriti suoi e altre per indecisioni del russo, che si mangia le mani soprattutto per il secondo set. L’avesse vinto, sarebbe salito due set a zero e avrebbe obbligato “Rafa” a una rimonta da 0-2 che non gli riesce da oltre dieci anni (Wimbledon 2007 contro Youzhny). Invece, quando ha servito sul 4-3 ha ceduto la battuta, e l’ha fatto di nuovo sul 5-4, dopo che un Nadal in versione bancomat gli aveva concesso una seconda possibilità. È stato tre volte a due punti dal set, ma lo spagnolo gli ha negato il set-point e l’ha riagguantato di nuovo, prima di superarlo dopo la pausa per la chiusura del tetto, grazie a un game di servizio terribile di Khachanov. Chiuso il secondo set, Nadal sembrava pronto a proiettare il solito film, che lo vede cambiare marcia non appena riesce a scollinare. Invece, anche se il finale sarebbe poi stato lo stesso, Khachanov ne ha cambiato le scene di mezzo, continuando a combattere ad armi pari. Per vincere il terzo set il campione in carica ha avuto bisogno di un tie-break da sedici punti e cinque set-point, perché se n’è fumati tre sul 6-3 e un quarto sul 7-6, prima di chiudere nel modo più difficile, con un scambio da 39 colpi che avrebbe steso un cavallo. Nel quarto, invece, è scappato via senza grattacapi fino al 5-3, ma per tagliare il traguardo ha dovuto attendere un’altra mezz’oretta, perché già che c’era l’allievo di Vedran Martic ha aggiunto un mezzo voto in più al suo nove in pagella, scacciando un approccio di crampi con un parziale di tre game di fila, che hanno rimesso un’altra volta tutto in discussione.
UN MATCH COSÌ FA BENE A NADAL
C’è mancato un solo punto che i game consecutivi del russo diventassero quattro, perché nel dodicesimo gioco Nadal si è complicato terribilmente la vita dal 30-0, commettendo tre errori (uno tattico, due reali) che hanno consegnato a Khachanov un inatteso set-point. Fortuna che però almeno su quello ha fatto buona guardia, comandando lo scambio e poi prendendosi di prepotenza un tie-break, stavolta fuori discussione. Khachanov ha vinto il primo punto, ma i miracoli difensivi necessari per prenderselo hanno bruciato l’ultima tacca di benzina, costandogli addirittura i sei punti successivi e obbligandolo a dire addio all’impresa. Tuttavia, il suo resta un match stupendo, che gli ha permesso di lasciare l’Arthur Ashe accompagnato da degli applausi degni del vincitore, e gli servirà per acquisire ancora maggior consapevolezza in un tennis che l’ha già portato al numero 26 ATP, ma può certamente valere qualcosa di più. Nadal, invece, il Centrale l’ha lasciato seminando più di un dubbio sulla sua condizione, ma da una partita così rischia di uscire rafforzato, perché la sua mente da vincente nato si nutre anche della capacità di affrontare le difficoltà e risolverle. “Questi – ha detto in conferenza stampa – sono gli incontri che portano fiducia, che ti fanno sentire più forte. A un certo punto nei tornei del Grande Slam i momenti difficili arrivano, e nell’incontro di oggi io ne ho incontrati parecchi, perché il mio avversario ha giocato davvero bene. È stato un match molto probante, fisicamente e mentalmente. Ma sono certo che per la prossima sfida sarò al 100%”. Buon segno, anche se contro Nikoloz Basilashvili potrebbe non essercene nemmeno bisogno. L’ultima volta, lo scorso anno a Parigi, è finita 6-0 6-1 6-0…

US OPEN UOMINI – Terzo turno
Rafael Nadal (ESP) b. Karen Khachanov (RUS) 5-7 7-5 7-6 7-6
© RIPRODUZIONE RISERVATA