Riccardo Bisti
02 November 2017

Road to Milan - JARED DONALDSON

Fra i partecipanti alle Next Gen ATP Finals, Jared Donaldson è quello con la storia più curiosa. Sconosciuto anche negli States fino a una manciata di anni fa, ha trascorso gli anni più importanti della crescita a Buones Aires, per forgiare mentalità e spirito di sacrificio. Una scelta che ha pagato, portandolo fra i top-50. Con la sua J-Block personale e una passione per gli investimenti, nata addirittura a 11 anni.
JARED DONALDSON
Luogo di nascita: Providence (RI, Stati Uniti)
Data di nascita: 9 ottobre 1996
Classifica ATP al 1 gennaio: numero 105
Miglior classifica stagionale: numero 50
Miglior risultato: quarti Masters 1000 Cincinnati

IL PERSONAGGIO
“Todo Tranqui”, va tutto bene. È l'espressione spagnola preferita da Jared Donaldson, l'americano che ha fatto il percorso al contrario. Il mondo del tennis è pieno di giocatori che si sono formati nelle accademie americane. Per diventare un giocatore, invece, il ragazzo di Providence (Rhode Island) si è trasferito in Argentina. A Buenos Aires ha trascorso due anni e mezzo, i più importanti della sua crescita. Il merito va a uno dei suoi primi maestri, Nestor Bernabe, un argentino trasferitosi negli Stati Uniti. Viste le cattive condizioni atmosferiche nel nord-est americano, che lo costringevano ad allenarsi quasi sempre al coperto, gli suggerì di tentare l'avventura nell'emisfero sud. Detto, fatto: i due anni presso l'accademia di Pablo Bianchi (neanche tra le più rinomate a Buenos Aires) gli hanno fatto capire cosa bisogna fare per diventare un tennista di professione. Oltre ad affezionarsi al Boca Juniors e ad assimilare stili di vita che gli erano sconosciuti (“Gli argentini possono impiegare due ore per prendere un caffè”), ha capito due o tre cosucce importanti. “Sono rimasto colpito dall'impegno dei giocatori. Sono molto seri, mi hanno aperto gli occhi. È impressionante il fatto che continuino a lavorare duro anche quando sono stanchi. Mi hanno trasmesso la mentalità professionistica quando avevo 14 anni, con quattro ore al giorno di tennis e due e mezza di preparazione atletica”. Si è sviluppato così, lontano da accademie e tornei americani, il ragazzo esploso in estate con il terzo turno a Wimbledon e i quarti al Masters 1000 di Cincinnati. Per anni, gli americani non hanno saputo nulla di lui. All'improvviso, si è fatto conoscere all'età di 16 anni, quando ha raggiunto la finale ai Campionati Nazionali Under 18 (quelli che mettono in palio un a wild card per lo Us Open). Perse contro Collin Altamirano, oggi fuori dai primi 1.000 ATP e lontanissimo dal tennis che conta. Jared, invece, si è garantito un posto alle Next Gen ATP Finals di Milano. Ma non gli basta: ha ambizioni importanti, da top-10 “Ma anche top-5, o magari più in alto”. Donaldson è un tipo convinto, deciso: a differenza di tanti connazionali, non ha avuto dubbi al momento del bivio tra professionismo e università. Il 22 agosto 2014, subito dopo aver compiuto 18 anni, ha annunciato il passaggio tra i professionisti. “Il college non era il posto migliore dove sviluppare il mio tennis. Si può continuare a giocare, ma quando vai a scuola ci sono troppe cose di cui occuparsi e non puoi pensare al 100% al tennis”. Pochi mesi dopo ha vinto il suo primo Challenger, ma il vero boom è arrivato con il terzo turno allo Us Open 2016, quando ha battuto David Goffin. Il resto è arrivato di conseguenza.
LA TECNICA
Quando è tornato negli Stati Uniti, ha capito che il Rhode Island non poteva essere casa sua, almeno per diventare un buon tennista. Allora ha preso casa a Irvine, California, dove ha iniziato a lavorare con Taylor Dent, ex top-20 che giocava un serve and volley convinto. Talmente estremo che ha dovuto smettere per i guai alla schiena. Dent rimase sorpreso dalla sua voglia di lavorare, mutuata dall'Argentina: “È in grado di restare in campo 6-7 ore al giorno senza lamentarsi”. La crescita importante è arrivata al servizio. Dent gli ha stravolto la tecnica quando aveva 17 anni, scelta rischiosa ma efficace. Qualche anno dopo, hanno fatto un ulteriore aggiustamento. Pur essendo un giocatore abbastanza fisico, il suo tennis dipende molto dal servizio. Lo ha detto anche a Cincinnati. “Non c'è dubbio che adesso io risponda e difenda meglio, ma quando metto la prima palla tutto il gioco funziona a dovere”. È un dato incoraggiante, perché quest'anno è rimasto poco sopra il 50%. Significa che, quando alzerà la percentuale, per gli altri saranno dolori. “Ho una buona base per essere un giocatore da terra battuta: credo che il rosso mi abbia regalato un po' di tempo per spingere duro, ma ho anche la capacità di colpire in anticipo, dote un po' sottovalutata sulla terra. Credo che i giocatori in grado di fare entrambe le cose siano i più difficili da battere. Su cemento è più importante servire bene e attaccare”. Per perfezionare le sue qualità, dal 2017 si fa seguire dall'ex top-10 Mardy Fish e da un altro ex giocatore, Jan Michel Gambill. Ciò che colpisce di lui è la grande attenzione al dettaglio: legge libri e si aggiorna sull'evoluzione del tennis, evitando che siano gli altri a dargli informazioni. Lo testimonia addirittura un accorgimento...in camera sua. Nella sua abitazione di Irvine ha creato una specie di camera iperbarica sul letto: attorno al materasso c'è una specie di tenda che simula condizioni di altitudine. “È come se ogni notte dormissi a 3.000 metri di altezza”. Con tutti i benefici in termini di respirazione. Con queste premesse, è difficile ipotizzare che non riesca a raggiungere il top delle sue capacità.
LE CURIOSITÀ
Diversi tennisti, soprattutto i più forti, preparano il post-carriera mentre sono ancora in attività. Prendete Novak Djokovic: ha già aperto ristoranti a Belgrado e a Monte Carlo, senza dimenticare l'hotel di lusso (il Cromlix) aperto da Andy Murray nella sua Dunblane. Ma sorprende che un ragazzo di poco più di 20 anni stia già pensando al futuro: insieme al padre e a un socio (Gus DelFarno), Donaldson possiede una società immobiliare che gestisce appartamenti affittati a studenti, a Providence. Si tratta di un complesso di 12 case che i Donaldson hanno acquistato dopo la crisi del 2008 (“Era il momento giusto per comprare”) e poi rimesso a nuovo. Certo, l'acquisto è stato possibile grazie al lavoro di papà (per 20 anni è stato titolare di una ditta di costruzioni), ma Jared ci ha messo del suo. Sin dall'età di 11 anni ha una viva curiosità per il settore degli investimenti. Per accontentarlo, il padre ha aperto un conto a suo nome, di 3.000 dollari. Il piccolo Jared lo aveva portato fino a 12.000 dollari, ma poi si è fatto prendere la mano: abbandonando gli investimenti più sicuri, si è avventurato in settori più rischiosi...e il conto è tornato rapidamente a 3.000 euro. Questa, almeno, è la versione del padre (che giura di non aver mai messo mano a quel conto). “Non credo proprio di aver avuto perdite così drastiche, il conto sarà sceso a 10.000 dollari” ha detto Jared. Più in generale, Donaldson prende sul serio ogni cosa che riguarda il suo lavoro. “La vita è tutta una questione di apprendimento – dice – è lo stesso anche nel tennis”. Il suo modo di fare ha conquistato tutti, al punto da far creare un gruppo di tifosi organizzati. Li hanno chiamati “J-Block”, dal nome del mitico gruppo di tifosi di James Blake. “Tutto nacque quando, insieme al mio primo maestro, andai allo Us Open: il mio maestro mi disse che, se fossi entrato nel circuito ATP, avrei avuto la mia J-Block personale”. Anni dopo, quando ha messo piede nel tour, nel torneo casalingo di Newport, un gruppo di ragazzi – organizzatissimi – hanno fatto un gran tifo per lui. D'altra parte, Jared è un tipo che conquista: oltre al bell'aspetto, ottimo per fare conquiste, è gentile ed educato. Sul finire del 2013 ha avuto il privilegio di allenarsi a Dubai con Roger Federer. A un certo punto, lo svizzero ha iniziato a provare i servizi. “Disturbo se servo anch'io?” chiese Jared. “Sì, in effetti disturbi” rispose Federer, scherzando. Lui aveva il sospetto, ma disse: “Ah, ok”. Solo il semaforo verde di Roger lo tranquillizzò. Difficile non simpatizzare per uno così.

Gli altri protagonisti delle Next Gen Finals:
DANIIL MEDVEDEV (Caldara)
HYEON CHUNG (Bisti)
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