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La bella rinascita di Kiki Bertens

Lo scorso autunno, Kiki Bertens non era felice. Aveva pensato al ritiro, non aveva voglia di allenarsi. “Venivo da buoni risultati, ma non stavo bene”. Trovate le risposte alle domande più delicate, e con l'aiuto di un ottimo coach, è tornata ancora più forte. All'improvviso, ha “domato” l'erba e ora sogna la semifinale.

La frase attira l'attenzione. L'hanno detta in tanti, è buona per farci un titolo. “Ho pensato al ritiro”. La carriera del giocatore di tennis, come per ogni sportivo, è soggetta a momenti difficili. Ed è facile confondere lo scoramento con la voglia di mollare tutto. Se però lo ha detto Kiki Bertens, c'è da credere che i pensieri ci siano stati per davvero. Incredibile, se pensiamo che il 2017 è stato il primo anno in cui ha vinto due titoli WTA ed è rimasta più o meno stabilmente tra le top-30. “Sembra una bella stagione, ma se ripenso a come l'ho vissuta non è stata per nulla divertente – racconta l'olandese, splendida quartofinalista a Wimbledon – il punto più basso è arrivato dopo Pechino, quando ho perso contro la Petkovic. È stato il momento peggiore, se fosse andata avanti così sentivo di non avere bisogno di questa vita. Ho aperto gli occhi, le cose dovevano cambiare, non ero felice”. Ne è venuta fuori e sta vivendo un 2018 coi fiocchi, non solo per la vittoria a Charleston o la finale a Madrid. Kiki sta bene, lo si percepisce nei gesti e negli sguardi. Come l'occhio buono e illuminato mentre attendeva il responso di occhio di falco dopo lo schiaffo al volo, punto esclamativo della sfida contro Karolina Pliskova. 6-3 7-6, con autorità, a conquistare per la prima volta i quarti a Wimbledon. Due anni fa si era spinta in semifinale a Parigi, ma questo exploit ha un sapore diverso. Kiki ha attraversato un mare mosso emotivo, pieno di sabbie mobili. Averlo superato l'ha resa più forte. Ha capito cosa deve fare per rendere al meglio, a partire da una condizione atletica migliore che si percepisce a occhio nudo.

LA RICERCA DELLA SERENITÀ
“Sono molto sorpresa di aver raggiunto i quarti, alla vigilia non ci pensavo neanche lontanamente – ha detto – magari pensavo di passare un paio di turni, ma essere qui è incredibile”. Nata e cresciuta come specialista della terra battuta, quest'anno ha trasferito sul campo l'obiettivo di diventare più aggressiva. Per vincere sull'erba non è sufficiente una buona fase difensiva. “Devo essere più aggressiva. Le condizioni meteorologiche rendono il rimbalzo un po' più alto e questo mi aiuta, ma il campo resta veloce. Devi essere offensiva: se non lo fai, il campo non ti dà una mano”. Non è stato facile venire fuori dal momentaccio dello scorso autunno. Il pensiero di mollare ha attraversato “più volte” la sua testa, ma alla fine ha trovato la forza di tornare in campo il giorno dopo. “Ho 26 anni e ho dovuto rispondere a certe domande, a cosa voglio veramente – racconta Kiki – ho scoperto che i titoli WTA non mi fanno stare bene, anche se ovviamente è bello migliorare il best ranking. Ma preferirei chiudere l'anno al numero 70 stando bene, piuttosto che entrare tra le top-10 e provare disagio come l'anno scorso. Se mi fossi sentita male come l'anno scorso, avrei dovuto smettere. Il 2018 sarà un anno felice se a fine stagione mi sentirò come adesso”. Le risposte sono tutte positive, anche grazie al supporto di coach Raemon Sluiter, l'uomo che con apparente presunzione dice di essere il “miglior coach possibile per lei”. “Non so se il migliore, ma sicuramente uno dei migliori. Ho giocato a buoni livelli, ho la fortuna di non dipendere economicamente da lei e questo mi permette di dirle le cose con la massima sincerità”.

DEPRESSIONE, YOGA, RINASCITA
Sembra presunzione, in realtà sa quello che dice. Anni fa, dopo il ritiro dall'attività agonistica, ha trascorso un lungo periodo di depressione. In poco tempo, ha perso i nonni e la nipotina di quattro anni, scomparsa per un tumore al cervello. Per quattro anni non è venuto fuori, adesso sta meglio ma certe cose segnano per sempre. E allora ha saputo comprendere i momenti difficili della Bertens. Prima delle WTA Finals, dove avrebbe giocato in doppio insieme a Johanna Larsson, le ha chiesto quando si sarebbero allenati. Lei gli rispose che non sapeva se si sarebbe presentata. “Ho dovuto contare fino a 10 e poi a 20, ma poi il nervoso è svanito” ha raccontato Sluiter, che nel Manic Monday londinese ha manifestato più soddisfazione per l'atteggiamento in doppio (dove peraltro Bertens e Larsson hanno perso) che per il successo in singolare. Fine psicologia da coach. Tra i segreti della nuova Bertens c'è lo yoga, pratica che l'aiuta a trasferire un certo stato mentale sul campo da tennis. “Sono una persona di grande energia e lo yoga mi aiuta a restare calma quando mi vengono i nervi. Riesco a stare tranquilla, funziona”. A inizio anno, Kiki aveva fissato un obiettivo: divertirsi, giocare e fare il punto della situazione a fine stagione. “Per adesso va bene, ovviamente viene il dubbio se potevo fare meglio qualcosa o vincere qualche partita in più. Ma riesco a godermi la mia avventura nel tour”. Anche perché, nei momenti peggiori, è il caso di ricordare il tumore alla tiroide che nel 2014 l'aveva spaventata a morte, al punto da non rivelarlo quasi a nessuno. Nel mondo del tennis lo sapeva soltanto Richel Hogenkanp. Adesso Kiki sta bene e sogna ad occhi aperti, una semifinale a Wimbledon che varrebbe l'infinito. Per ottenerla, dovrà battere Julia Goerges. “Siamo amiche, è capitato di andare a cena insieme, di giocare qualche doppio. Lei ha un gran servizio e sarà dura. Io dovrò rimandare più palle possibili ed essere il più aggressiva possibile. Potrebbe essere un match simile a quelli con Venus e Pliskova”. L'esito, chissà.

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