06 November 2013

A colazione con Agassi: "Oggi non odio più il tennis"

Siamo stati invitati al pranzo organizzato da Longines a Milano ed è stata l’occasione per ritrovare un campione unico, che non smette mai di stupirci … di MAX GRASSI

A colazione con agassi: "oggi non odio più il tennis"

di Max Grassi

 

Non sempre il buongiorno si vede dal mattino. Mi spiego. Sono stato invitato dagli amici di Longines ad una colazione con André Agassi, testimonial storico della prestigiosa maison orologiera svizzera. L’appuntamento è a Palazzo Parigi, nella Milano che ancora sa essere accogliente e discreta. L’invito poi recitava: “Food concept a cura dello chef Carlo Cracco”. Insomma le premesse erano... golose.

 

Con qualche minuto di ritardo ecco arrivare André, direttamente dall’aeroporto, ancora un po’ imballato dal lungo viaggio. L’abito è quello d’ordinanza, completo nero e catenina al collo che recita “Daddy Rocks” (un regalo del figlio 12enne Jaden Jill per la festa del papà). Il viso è sempre quello, praticamente un’icona, ma ha preso una forma leggermente più rotonda, del resto ad aprile il fù Kid di Las Vegas ha spento la sua 43esima candelina.

 

Dopo i primi convenevoli e i saluti di rito, André è finalmente libero. Non perdo tempo e lo affianco per un primo scambio di battute. Lui mi ascolta, mi guarda con simpatia e poi mi sussurra: “Scusami, ma devo proprio andare in bagno”... quando si dice rompere il ghiaccio.

 

Disegnare un ritratto di Agassi nel privato non è cosa ardua. Una persona molto gentile, sensibile e attenta. Un uomo d’altri tempi quando, a pranzo ormai inoltrato, si alza - unico della tavola - per permettere ad Elisa (la brand manager di Longines) di tornare ad accomodarsi e solo successivamente anche lui torna a sedersi. Chapeau André. Eleganza allo stato puro. Ma era proprio questo il signore che se ne andava in giro con le unghie laccate, i pantaloncini di jeans e la cresta multicolore?

 

Certo che è lui. Solo che è maturato, come l'ottimo Nebbiolo d'Alba che assapora con misura. Poi però si lascia scappare: “Se avessi un po’ meno classe questa costoletta la mangerei con le mani”. E si scioglie in una risata e nel racconto di come ama dedicarsi a cucinare la carne per la sua famiglia.

 

Agassi, è rimasto quello affabile e profondo che avevo incontrato a Parigi due anni fa (leggi QUI la lunga intervista). Che non perde però il gusto della battuta. Come quando gli chiediamo se qualcuno ha mai pensato di fare un film da "Open" la sua fortunata autobiografia (fulgido esempio di longseller - i libri che continuano a vendere tanto anche anni dopo la loro prima uscita - se ce n'è uno). "Certo in tantissimi me l'hanno chiesto ma non mi fido perché non riuscirei ad avere il controllo completo su quello che verrebbe raccontato". Qualcuno suggerisce Colin Farrell come attore per interpretarlo sul grande schermo. "Beh, certo, lui non è male. Sempre meglio che Danny De Vito".

 

Inevitabilmente si finisce a parlare di tennis e ci racconta che - se avesse voglia e tempo di girare il mondo (ma non ce l'ha) - farebbe volentieri il coach di John Isner che potrebbe vincere molto se, per assurdo, si muovesse peggio di come fa e si concentrasse sui punti di forza del suo gioco.

 

Gli piacerebbe invece il ruolo capitano di Coppa Davis: "Ma non me lo farebbero mai fare - dice ridendo - perché me ne fregherei degli interessi commerciali e mi preoccuperei solo di vincere la partita anche a costo di portare la sede delle partite in casa in un posto in culo ai lupi, in altitudine o peggio”. E aggiunge: “Se poi uno vuole pensare allo spettacolo, allora io la Davis la giocherei solo ogni quattro anni e in un’unica sede".

 

Qualcuno si informa sulle passioni sportive dei figli - alla nascita il primogenito avuto con la moglie Steffi Graf era stato oggetto di scommesse e i bookmakers londinesi avevano quotato una sua eventuale vittoria a Wimbledon - con la figlia, Jaz Elle, che un po' a tennis gioca e il figlio che invece si dedica al baseball, uno sport che lo incuriosisce molto... "Rimango sempre colpito di come per ottenere una buona prestazione tutto quello che succede in campo debba essere coordinato".

 

Il pranzo corre veloce  - un vero e proprio tour de force aspetta Agassi in questa giornata milanese: Radio Deejay alle 16, La Rinascente alle 17, Che tempo che fa alle 20. Ma tra una portata e l’altra del talentuoso cuoco vicentino (QUI il menù by Carlo Cracco), c’è lo spazio ancora per qualche battuta.

 

“Guardo molto più tennis adesso - dice André - di quando giocavo. E mi diverto molto visto che non è più il mio mestiere. No, oggi non odio più il tennis. E’ stato un percorso che è partito dall’odio ma che oggi è diventato amore”. Ha voglia di parlare di tennis, Agassi, e non lo nasconde. Stima molto i migliori di oggi e quello che riescono ad esprimere in campo proprio perché sa quanto eccezionali siano le cose che riescono a fare. “Ma Federer non vincerà più uno Slam - continua - perché ha 4/5 giocatori di altissimo livello con cui confrontarsi. Troppi”.

 

E poi si perde a parlare di spin, tecnica dei colpi e nuove racchette, tra gli sguardi un po’ smarriti di chi, tra gli invitati, si trova certamente più a suo agio a tavola che su un campo da tennis (ma voi leggerete tutto nell’articolo completo che uscirà prossimamente su “Il Tennis Italiano”).

 

Siamo al caffè, Andre deve scappare. Resta solo il tempo per una foto ricordo insieme (QUI), una dedica (QUI) e per ricordargli che quel giorno (era il 3 settembre 2006) a New York, per la sua conferenza stampa d'addio nella pancia dell'Arthur Ashe Stadium, io ero in prima fila. "Me lo ricordo bene quel momento - mi dice rimettendosi la giacca - è come attraversare un confine, sei felice ma anche un po' preoccupato perché non sai bene cosa troverai dall'altra parte".

 

André, dall'altra parte, ha trovato la forza per cambiare il destino di migliaia di bambini che mai avrebbero potuto trovare un futuro diverso dalla vita di strada. Non si stanca mai di ripetere che l'istruzione è la chiave di tutto. Con le sue scuole - e il supporto di partner importanti come Longines - ha fatto qualcosa di davvero grande. "Abbiamo solo due possibilità per questi bambini che saranno gli uomini di domani - mi dice salutandomi - o costruiamo le scuole o  costruiamo le prigioni. Tu cosa pensi sia meglio?".

© RIPRODUZIONE RISERVATA