Su Federer mai abbastanza

In risposta a un articolo di pochi giorni fa che ipotizzava che ci stessimo dimenticando di Roger, interviene uno dei suoi più ferventi tifosi

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Ha suscitato un ampio dibattito social un recente pezzo del Direttore dal titolo intrigante: “Ci stiamo dimenticando di Federer?”.

Ora, è fisiologico che agli onori delle cronache salgano oggi altri tennisti, per il semplice fatto che il tempo fa il suo corso ed è necessario documentare l’ascesa di nuovi eroi, rispetto a chi, banalmente, non calca più i campi da tennis. Senza dimenticare lo straordinario periodo del tennis italiano, anche in questi giorni, a Miami. Ma questa è cronaca, appunto. Roger è nella storia, anzi nel mito. Per questo, senza cadere nella blasfemia, credo si possa applicare al Re il detto latino riservato tradizionalmente dai teologi cattolici a Maria: “Su Maria mai abbastanza” (De Maria numquam satis), non si finirà mai di tesserne le lodi. Con qualche esagerazione ogni tanto, ma questo è davvero un altro discorso…

De Rogerio numquam satis, dunque. E questo perché “Federer ci ha suggerito l’esistenza di una natura divina dell’uomo, e al contempo l’impossibilità di raggiungerla in maniera compiuta. Si è via via arreso alla consunzione del proprio talento, ma mai del tutto, fino in fondo. Non ha mai smesso di suggerire l’esistenza di una dimensione sacra e metafisica attraverso una partita di tennis” (Emanuele Atturo). Paroloni, direte. Concordo. Ma in un mondo che abbassa tutto agli orizzonti della tecnica e dell’economia, in una temperie social(e) in cui si conosce il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna, ogni tanto ci sia concesso di volare alto. Why not? E la malinconia che ci coglie nel rivedere in rete spezzoni di partite del Genio di Basilea non va derubricata a semplice passatismo. Va attraversata fino in fondo, mai schernita. Anche perché ci basta scorgere un passante lungolinea eseguito dal Muse con delizioso rovescio a una mano, per contemplare nel presente scintille della luce emanata da Federer.

Roger è sempre con noi, nella luce, nella musica, nella gioia che ha seminato nei nostri cuori. E qui osiamo dirlo, proiettandoci nel futuro: non tornerà più la regalità del tennis del Re, appunto; la perfezione dei suoi gesti, frutto di movimenti fluidi e naturali; la sua bellezza infinita e indefinibile. Il tutto unito alla potenza richiesta dal tennis moderno e a un impressionante numero di vittorie. “Il suo tennis, come la danza, inizia nel punto in cui si spengono le parole che vorrebbero descriverlo”, scriveva sempre il Direttore nella biografia dedicata a Rog.

E allora consentitemi un estremo “atto di Federer”, ricongiungendomi idealmente con la rubrica qui tenuta per tre anni, che in realtà non finirà mai. Sì, perché il tennis di Roger, come la danza, finirà solo nel punto in cui non ci saranno più emozioni e ricordi dei suoi punti nei nostri cuori. Non finirà mai. Inizierà sempre. In una continua resurrezione pasquale, al culmine di ogni settimana, più o meno santa. No, de Rogerio numquam satis. Mai.

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