Prima che il campo Chatrier si inchinasse alla commozione per l'undicesima premiazione di Rafael Nadal, il Roland Garros ha concesso un tributo all'uomo che si è aggiudicato la prima edizione “Open”. Era il 1968 e il tennis aveva appena aperto le porte ai professionisti. Vinse Ken Rosewall, forse il campione più sottovalutato di sempre. “Muscle” (soprannome scelto con ironia, visto che era molto magro) ha vinto soltanto otto Slam, ma il suo palmares è pesantemente condizionato dalla scelta di passare professionista nel 1957. Rosewall ha saltato ben 44 Slam e ci si domanda quanti ne avrebbe vinti senza l'ipocrita distinzione con i dilettanti. A ben vedere, una risposta si può trovare: in quegli anni, a margine degli Slam tradizionali, si giocavano gli Slam “Pro”, cui prendevano parte tutti i più forti professionisti. L'australiano ne ha vinti una montagna: sommandoli agli otto “Major” tradizionali, sarebbe arrivato addirittura a 26 (23 senza considerare i tre titoli agli Australian Pro Championships, che all'epoca non avevano lo status di Slam “Pro”). Se certi confini fossero stati abbattuti una decina d'anni prima, oggi avrebbe una reputazione ben diversa. E sarebbe protagonista del dibattito su cui è stato chiamato a esprimersi: il record di vittorie Slam. Vincendo a Parigi, Rafael Nadal è salito a quota 17, riportando a tre le lunghezze di distacco da Roger Federer. Considerando che ha cinque anni meno dello svizzero, molti si domandano se ci siano reali chance di aggancio. Secondo Rosewall, l'operazione è possibile se Rafa continuerà a dare massima priorità ai tornei sulla terra battuta (imitando Federer, che fa lo stesso con le altre superfici). E potrebbe anche non volerci troppo tempo.