AMORE-ODIO CON LA TERRA BATTUTA
Non è così banale pensarla così. La storia del tennis è piena di baby-fenomeni che si sono bruciati per colpe proprie, perché hanno avuto la presunzione di ritenersi completi, senza nulla da migliorare. O magari hanno capito la lezione anni dopo. Sentite Shapovalov, nato il 15 aprile 1999. “Potremmo discutere per ore sugli aspetti che potrei migliorare. Nella mia testa, penso soprattutto a due cose: diventare più solido in risposta e aggiustare il gioco di volo. Inoltre mi piacerebbe avere una percentuale di prime palle ancora più alta, anche se il servizio è già un'arma”. Diventa un fiume in piena, non smette di individuare punti che potrebbero essere migliorabili. “La gestione dei momenti del match, per esempio. Ma quello arriverà con l'esperienza, anche se ci sto già lavorando con il mio coach Martin Laurendeau. Ho tanto margine e sono molto felice di essere già numero 25 del mondo con tante cose ancora da sistemare. Alla mia età, Federer e Nadal erano nella stessa condizione. Io devo stare calmo: se i risultati non arrivano, non è un problema. Gioco libero, sono tranquillo, per me è tutto nuovo”. E poi c'è una scommessa da vincere: imparare a giocare sulla terra battuta. Fino ad oggi, ha avuto un rapporto di amore-odio con una superficie che non conosce, e su cui non è cresciuto. Potrebbe accontentarsi di essere fortissimo altrove, dove pure si sviluppa il 75% del tour. Invece no: “L'anno scorso non ho vinto neanche una partita sulla terra. Allora ho detto al mio team che quest'anno avrei voluto giocare più tornei possibili sul rosso. Il risultato non importa, anche se perdo voglio tornare in campo a lavorare. È un progetto a lungo termine, non è per quest'anno e nemmeno per il prossimo. Voglio vincere il Roland Garros, ho sempre avuto questo sogno. E tra qualche anno spero di essere competitivo per vincere”.