Anderson punta ai quarti, pensando all'ambiente

Potenziale avversario di Federer nei quarti di finale di Wimbledon, Kevin Anderson sta provando a sensibilizzare i colleghi sull'enorme utilizzo di plastica che viene fatto nel circuito. Nel suo mirino gli inutili sacchetti nei quali vengono infilate le racchette appena incordate e le tantissime bottigliette d'acqua utilizzate nei tornei. Tutto è partito da un documentario che gli ha aperto gli occhi sull'inquinamento negli oceani.
Sin dal sorteggio del tabellone di Wimbledon, è stato evidente che il primo vero avversario di Roger Federer sarebbe stato Kevin Anderson, nei quarti di finale. Una decina di giorni dopo entrambi sono a una vittoria dal duello, che – almeno sulla carta – dovrebbe finalmente rappresentare un buon test sulle condizioni di Federer, che a Halle non aveva emozionato e nei primi match londinesi ha dovuto faticare molto poco. Il discorso potrebbe farsi un tantino più complesso contro il sudafricano, finalista all’ultimo Us Open, che sin qui ha lasciato un solo set a Seppi e si presenta con grande fiducia al duello contro Gael Monfils, forte di un’accoppiata servizio-diritto che sui prati lo rende davvero difficile da contrastare. Come se non bastasse, Anderson sta affrontando il torneo nel modo giusto, con grande serenità. Ha portato con sé a Londra la sua amata chitarra, e venerdì sera dopo l’ottimo successo contro Philipp Kohlschreiber ha sfruttato i due giorni liberi per staccare un po’ dal tennis, e andare a sentire un concerto di Jack Johnson. Un approccio al torneo molto particolare che ha incuriosito i giornalisti, insieme alla interessante battaglia che il 32enne di Johannesburg sta portando avanti da qualche tempo, sfruttando il suo ruolo di vice presidente del consiglio giocatori per sensibilizzare i colleghi a un minor utilizzo di plastica, in un ottica di salvaguardia dell’ambiente. L’attenzione di Anderson si è focalizzata soprattutto sui sacchetti nei quali i servizi incordatura dei vari tornei sono soliti infilare le racchette appena preparate. Tantissimi, e del tutto inutili. Erano stati introdotti per conservare al massimo la pressione dei telai, proteggendo le corde da aria e fonti di calore, ma da quando per legge è diventato obbligatorio forare tutti i sacchetti (per il rischio di soffocamento), non hanno più alcuna funzione. Se non quella prettamente estetica.
MIGLIAIA DI BOTTIGLIETTE D'ACQUA
Ho guardato su Netflix un documentario chiamato Oceani di Plastica – ha detto al Guardian –, e mi ha aperto gli occhi. Basta fare una breve ricerca per rendersi conto della situazione. Io sono sempre stato attento all’ambiente, ma nell’ultimo periodo lo sono ancora di più, e quando una persona apre gli occhi e si rende conto della situazione è difficile far finta di nulla. Qui a Wimbledon ho mandato un paio di e-mail ai giocatori per ricordargli delle nostre iniziative. Abbiamo una buona opportunità: il tennis è uno sport globale, che può portare un messaggio a tante persone. Credo che sia importante impegnarsi in questo verso, per avere un impatto sulla gente e provare a fare una grande differenza”. Non sarà il risparmio dei sacchetti a migliorare una situazione davvero grave, della quale chiunque dovrebbe prendere coscienza, ma da qualche parte bisogna pur sempre partire. “Al giorno d’oggi i sacchetti hanno solo una funzione estetica – ha detto Andy Phillips, uno dei responsabili del servizio incordatura – perché i giocatori ci possono mettere il proprio logo, ma non servono ad altro”. Ergo, se venissero eliminati non cambierebbe assolutamente nulla. L’All England Club sta provando a fare la sua parte, riducendo lo spreco di plastica all’interno del circolo, tanto che quest’anno gli organizzatori hanno deciso di eliminare completamente le cannucce dal servizio ristorazione, e anche i giocatori non stanno a guardare. C’è già un gruppetto di tennisti e coach che hanno promesso di impegnarsi per ridurre il numero delle migliaia di bottigliette d’acqua utilizzate in ogni torneo. Dopotutto, non sarebbe così difficile nemmeno eliminarle completamente o quasi: basterebbe passare alle borracce, utilizzate in praticamente tutti gli altri sport, o dotare ogni campo di caraffe d’acqua fredda (o altri sistemi di distribuzione), invitando i giocatori a servirsi con dei normalissimi bicchieri. Anni fa era la prassi.
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