Riccardo Bisti
17 August 2018

Una remota speranza: il boicottaggio

Anche se sono passati i peggiori emendamenti, compreso quello che accentra troppo potere nelle mani del Consiglio d'Amministrazione ITF, l'accordo con Kosmos prevede la possibilità di recessione se non arrivano i risultati sperati per la nuova Davis: presenza dei top-players, pubblico sugli spalti e in TV. Una protesta ben organizzata potrebbe decretare il fallimento della competizione.

Il ragazzo ha appena compiuto 18 anni, ma ha le idee chiare. Pochi minuti dopo l'esito del voto per la riforma della Coppa Davis, Felix Auger Aliassime ha espresso il suo dissenso via Twitter. “Da ragazzino, uno dei miei più grandi sogni era quello di giocare una finale di Coppa Davis davanti al pubblico di casa. Purtroppo, non avrò mai la chance di vivere la Davis per come l'ho vista mentre crescevo. Ho sperato che la tradizione e la storia avrebbero battuto i soldi”. E invece no. La volgare esultanza di Gerard Piqué e degli uomini di Kosmos, immortalata dalle foto di Getty Images, è lo specchio di una giornata che ha cancellato una competizione che aveva resistito a due guerre mondiali e andava avanti, bene, nonostante qualcuno si ostinasse a dire che fosse ormai decrepita. Una delle tesi più accreditate era che i migliori non la giocano. È vero in parte, visto che gran parte dei 26 numeri 1 nella storia dell'ATP hanno partecipato ad almeno una campagna vincente di Coppa Davis. Quelli che non ce l'hanno fatta (a parte Jimmy Connors, che proprio non la sopportava) l'hanno comunque giocata, ma venivano da nazioni troppo deboli. È fastidioso leggere le parole di chi ha definito “tradizionalisti” quelli che si opponevano alla riforma. Detto che il rispetto della tradizione è un valore positivo, molti hanno sdoganato il principio che bisognava cambiare perché “era necessario farlo”, adducendo motivazioni modeste, discutibili e talvolta inesatte. Per esempio, non è vero che la Davis andava male sul piano economico e di immagine. Se è vero che diverse partite hanno una certa risonanza solo nei paesi interessati, va detto che soltanto in Davis i biglietti per alcuni match andavano polverizzati in poche ore. E che proprio la Davis ha ospitato alcuni dei match con più pubblico. Esibizioni a parte, il match ufficiale con più spettatori in tribuna si è giocato in Coppa Davis, peraltro pochi anni fa, quando 27.432 spettatori presero d'assalto lo Stade Pierre Mauroy di Lille per la finale tra Francia e Svizzera. Adesso è tutto nelle mani di Kosmos, le cui idee continuano a calpestare la tradizione e vogliono gonfiare ulteriormente il calendario. Visto che la riforma lascerà un paio di settimane libere (la prima di aprile e la terza di settembre, in cui si giocavano tradizionalmente quarti e semifinali), vogliono organizzare una competizione mista ad aprile e una evento a settembre. La prima sarebbe una sorta di nuova Hopman Cup, che peraltro rischia di sparire con la nascita della World Team Cup, mentre la seconda farebbe concorrenza alla Laver Cup, in programma dopo pochi giorni.

POSSIBILITÀ DI RECESSO
È l'ennesima testimonianza che la salute dei giocatori e la durezza del calendario non interessano. Ciò che conta è fare soldi, tanti. Detto che tornare indietro è molto difficile – forse impossibile – chi è contrario alla piega che sta prendendo la Davis ha ancora un'arma: il boicottaggio. Se è vero che l'accordo tra ITF e Kosmos dura 25 anni, non si tratta di un contratto inscalfibile. Per esempio, sono stati fissati degli obiettivi per definire il miglioramento della competizione: La crescita passerà da tre punti:

  1. La partecipazione dei migliori giocatori

  2. La partecipazione del pubblico sugli spalti

  3. L'audience televisivo

Qualora i risultati non dovessero essere quelli sperati per due anni di fila, l'ITF avrebbe la facoltà di rescindere il contratto. Non sarebbe un automatico ritorno al passato, ma senza il supporto di Kosmos (e del mare di soldi promesso), l'attuale formula perderebbe molto appeal presso le federazioni, la cui brama di denaro è stata l'unica ragione che ha spinto tanti delegati a votare “sì”. Il primo punto sarà delicato: in assenza di punti ATP in palio, l'unico incentivo a giocare dal 18 al 24 novembre saranno i soldi. La nuova competizione ne metterà in palio parecchi, senza passare dal filtro delle singole federazioni (che avranno il loro introito dedicato). La prospettiva può entusiasmare i giocatori meno ricchi, ma i più forti possono anche farne a meno. Detto che difficilmente Roger Federer indosserà nuovamente la divisa della Svizzera, due top-players avevano annunciato che non avrebbero più giocato in caso di riforma: Alexander Zverev e Lucas Pouille. Alle parole devono seguire i fatti, ma la presa di posizione di giocatori importanti può essere un fattore per decretare il successo o il fallimento della competizione. La data non aiuta: la nuova Davis si giocherà subito dopo le ATP Finals: significa che i finalisti giocheranno a Londra di domenica sera e poi potrebbero essere in campo il giorno dopo, probabilmente a Lille. Non è detto che tutti i top-8 abbiano voglia di giocare la Davis al termine del Masters e di una stagione massacrante, in pieno periodo di vacanze o di preparazione.

LA PRESENZA DEI TOP-10
Se alla nuova Davis mancheranno 4-5 top-10, sarebbe dura parlare di “miglioramento”. La pensa così Attila Richter, presidente della federazione ungherese. "Immaginate una Davis senza top-10: è una possibilità, ed è realistica. I giocatori non sono in vendita: non sono prostitute, non è che prenderanno i soldi e andranno a giocare. Dopo il Masters, non credo che in molti avranno voglia di giocare per cinque giorni nella settimana successiva, peraltro con la prospettiva del doppio". Quanto al pubblico sugli spalti, salvo rare eccezioni, pochissime nazioni hanno tifosi organizzati. E comunque non si tratta di numeri importanti. Per questo, è difficile ipotizzare chissà quali esodi. E se davvero si dovesse giocare a Lille, saremmo a pochi chilometri da Parigi, località già abituata al grande tennis e con il torneo di Parigi Bercy che termina appena due settimane prima. Quanto pubblico neutrale potrebbe essere interessato a match banali? Difficile a dirsi. Ancora più difficile ipotizzare l'audience in TV. Questa voce dipenderà molto dal campo di partecipazione. Se il progetto dovesse fallire, potrebbero esserci le premesse per un ritorno al passato. In questo senso, tuttavia, sarebbe importante un rinnovamento ai vertici ITF. Dave Haggerty si ricandiderà l'anno prossimo per un secondo mandato. Il trionfo appena ottenuto lo mette in ottima posizione per una rielezione, soprattutto se i soldi promessi da Kosmos dovessero essere regolarmente bonificati. Con lui in sella, non è detto che eventuali risultati negativi portino alla risoluzione del contratto con Kosmos. Tuttavia, decretare il fallimento della manifestazione sarebbe una buona base per riaccendere la speranza e magari restituire un po' di fascino a una competizione unica. Certamente l'ITF sta un po' esagerando con le prepotenze. Oltre alla Davis e all'emendamento Giudicelli, ne è passato un altro secondo cui il Consiglio d'Amministrazione ITF potrà effettuare ulteriori cambiamenti, senza dover ricorrere all'approvazione delle varie associazioni. Significa che il futuro della manifestazione finirebbe nelle mani di 16 persone in rappresentanza di 14 federazioni, tra le quali non c'è l'Italia. “C'era il rischio di non fare nulla, e ho pensato che quel rischio fosse maggiore rispetto ai cambiamenti che stiamo facendo – ha detto un esaltato Haggerty – è interessante il fatto che siamo a Orlando, pensando a un folle come Walt Disney che ha un sogno e costruisce qualcosa che la gente pensa non sarebbe mai accaduto. Non mi paragono affatto a Walt Disney, ma da questa storia ho imparato una cosa: bisogna sempre guardare al futuro”. Bisogna vedere con quali occhi, però.

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