Ho conosciuto il mondo delle assicurazioni sportive a metà degli anni ’90 ed è stata una delle esperienze più interessanti del mio lungo periodo in azienda. Si trattava di decidere se assicurarsi dai possibili successi di Martina Hingis, che con Sergio Tacchini aveva appena firmato un importante, milionario rinnovo di contratto. Martina aveva 16 anni al tempo ma si capiva già che il suo destino era quello di una grande giocatrice. Già, ma da quando? Era già pronta per vincere Wimbledon? Sarebbe mai diventata numero 1 del mondo?
Assicurarsi, nel gergo sportivo, significa proteggere l’azienda dal possibile impatto finanziario dovuto ai risultati che un atleta potrebbe ottenere. I risultati , nel tennis, generano prize money ma anche bonus aziendali, legati alla classifica e ai tornei. Avere in scuderia un giocatore che vince un Grand Slam può “costare” all’azienda 1 milione di dollari, se non di più. Ma anche la finale, o la semifinale, sono quotati e determinano un bonus a favore del giocatore. Stesso discorso per la classifica. Normalmente vengono considerate le prime dieci posizioni del ranking mondiale, che sono quelle che contano. Ma una cosa è raggiungere il numero 1 per una settimana, o un mese, un’altra finire al numero 1 l’intera stagione. Il sistema più corretto, quello utilizzato dalle aziende italiane che per molti anni hanno dominato le sponsorizzazioni del tennis e hanno fatto scuola nel mondo, è quello della media comparata. Si prendono tutte le classifiche settimanali e le si divide per 48 : quella risultante è la classifica annua del giocatore, da cui emerge il bonus da pagare. Oggi sono concetti correnti, ma al tempo non era proprio così. Vai a convincere i giocatori, e i loro manager!