Data la classifica raggiunta e le possibilità che ne derivano, tuttavia, è naturale che la priorità di Vavassori sia il doppio, in cui gli è sempre venuto tutto facile grazie alla naturale predisposizione per il gioco di volo. Merito di papà Davide, che ha cresciuto sia lui sia i fratelli Sara e Matteo a vhs del suo idolo Pat Rafter, con qualche incursione di Pete Sampras e Tim Henman. Impossibile non sviluppare il rovescio a una mano e un tennis fortemente offensivo, che fa rima con serve&volley, slice, variazioni e amore per il rischio. Tutte armi forgiate sul famoso campetto che il nonno aveva fatto costruire dopo una vita di sacrifici, e che al nipote sono servite a farsi strada fino al numero 94 del ranking di doppio, secondo italiano al mondo dopo Simone Bolelli, sua spalla designata per l’evento per nazioni targato Atp. Merito dei passi avanti compiuti di anno in anno, sempre sotto la guida di papà, e anche della scelta di investire su varie figure professionali diverse che lo potessero aiutare a migliorare. Farlo quando ti chiami Djokovic è facile, mentre quando le entrate sono quelle di Challenger e Futures non è una scelta così comune.
Andrea ha raccolto i frutti delle sue decisioni ambiziose negli ultimi due anni, in particolare in un 2020 nel quale non ha mai ceduto alle difficoltà. E ce ne sono state diverse, a partire dal lockdown primaverile nel quale si era distinto per una riflessione che testimoniava responsabilità, cervello e capacità di dare al tennis il giusto peso. Poi ha dovuto fare i conti con un’epitrocleite al gomito che non se ne voleva andare malgrado le terapie e l’ha costretto a limitare l’attività, e quindi pure con la positività al Covid-19, che dopo il Sardegna Open l’ha obbligato a un altro periodo di stop. Ma in mezzo agli imprevisti non sono mancate le soddisfazioni: su tutte i quarti di finale con Sonego agli Internazionali d’Italia, dove hanno battuto i vincitori dell’Australian Open Ram/Salisbury, e poi il successo di fine stagione al Challenger portoghese di Maia, il sesto in carriera. Da lì in poi è arrivato tutto in fretta: il best ranking, la certezza di un posto nel primo Slam del 2021 e l’esordio in nazionale. Non è la Coppa Davis che desiderava fin da piccolo, ma è comunque un inizio.