Spalla, gomito e polso sono tre elementi connessi e parte di un sistema dinamico che contribuisce alla massima performance del giocatore. Ma la racchetta? La racchetta, come spesso si dice, è il prolungamento del braccio e come tale deve consentire di essere impugnata con naturalezza, cercando la massima velocità di esecuzione, il minimo sforzo e riducendo la trasmissione delle sollecitazioni alle articolazioni.
La ricerca dei produttori di telai e di corde, da qualche tempo a questa parte, si è diretta verso lo studio di attrezzi in grado di mitigare l’effetto ‘tavoletta’ dovuto al sovrapporsi della rigidezza del telaio a quella delle corde, per stemperare la potenza dell’attrezzo (dovuta alla rigidezza stessa del telaio e ad inerzie molto elevate). A prima vista una scelta anomala rispetto ai dettami che hanno guidato la progettazione delle racchette di nuova generazione negli ultimi dieci anni. La flessibilità dei telai perseguita da quasi tutti i principali marchi è ottenuta attraverso l’utilizzo di materiali come fibra di carbonio e di vetro, e compositi a basso modulo elastico. Da un lato, quindi, una sorta di ritorno al passato, guardando però avanti in modo innovativo. Materiali a minore rigidezza consentono infatti di avere racchette più flessibili anche nel caso di telai profilati, un tempo caratterizzati da valori RA (rigidità) superiori ai 70 punti; questo con l’obiettivo di interagire con maggiore dolcezza sulle articolazioni, garantendo facilità di movimento e pesi medio bassi. In questi termini, anche la spaziatura e il posizionamento delle corde ha un peso importante, dato che dall’ottimizzazione della spaziatura (in gergo tecnico drilling) e dallo studio oculato della conformazione dei passacorde (grommet), si possono ottenere variazioni significative in termini di resa dell’attrezzo, se è vero che spesso due racchette ‘giocano’ in modo differente semplicemente cambiando i passacorde.
Per le corde il percorso che si persegue è simile. La ricerca di questi ultimi anni punta a ottenere filamenti che consentano elevate rigidezze all’allungamento (rigidezza statica) per massimizzare la performance in termini di controllo ma con un minimo shock sulle articolazioni del braccio (minima rigidezza dinamica). In questi termini il trattamento superficiale delle corde, e il loro scorrimento laterale durante l’impatto, assume un ruolo fondamentale. Come diceva il buon Jack Kramer, scegliamo dunque il telaio che possiamo muovere alla massima velocità possibile per l’intero arco della partita, con un occhio particolare all’utilizzo di corde e tensioni che ci consentano di avere un controllo accettabile senza sollecitare in modo eccessivo le articolazioni, perché ricercare il controllo attraverso tensioni e corde rigide potrebbe essere controproducente sul medio e lungo termine.