“IL 1 OTTOBRE NON DOVREBBE SUCCEDERE NIENTE”
Nadal aveva toccato l'argomento già a New York, con il trofeo dello Us Open in mano. Il suo pensiero è chiaro: “Dovremmo essere tutti preoccupati – ha detto – chi non lo è, evidentemente, non considera la Spagna come un Paese. La verità è che c'è un conflitto e bisogna risolverlo. La soluzione non è facile, ma esprimo il mio sentimento. Mi sento vicino ai catalani, ma sono anche molto spagnolo. Non posso immaginare una Spagna senza Catalogna. Non mi piacerebbe vederla e nemmeno immaginarla. Dobbiamo fare uno sforzo per trovare una comprensione reciproca e sono convinto che siamo più forti uniti che da separati. La Spagna è più forte con la Catalogna, e la Catalogna è migliore con la Spagna. Credo che il 1 ottobre non debba succedere niente, perché esistono delle leggi e non si possono contravvenire solo perché non ci piacciono. Non posso passare col rosso soltanto perché quel semaforo non mi piace. I catalani che vogliono fare certe cose, devono capirlo. Detto questo, rispetto i sentimenti di tutti e spero che si trovi una soluzione per continuare a vivere come paese unito”. Puigdemont non molla di un centimetro, incurante alle minacce che arrivano da Madrid: potrebbe essere incriminato dei reati di “disobbedienza”, “prevaricazione” e appropriazione indebita di fondi pubblici. La situazione è delicata anche all'interno della stessa comunità catalana, poiché sia Barcellona che una serie di comuni con più di 100.000 abitanti non metteranno a disposizione gli uffici municipali per lo svolgimento del referendum. Oltre 650 comuni, tuttavia, hanno deciso di collaborare nonostante le pressioni di Madrid e la minaccia di “conseguenze”. Nel frattempo, lunedì si è svolta la Diada, la festa nazionale che ricorda l'invasione borbonica del 1714 che privò la Catalogna della sua indipendenza. Secondo fonti interne, sono scese in piazza un milione di persone. Secondo Madrid, 350.000.