Riccardo Bisti
15 December 2016

Il Collegio CONI "salva" Marco Cecchinato

IL CASO – Dichiarata l'estinzione del procedimento a carico del siciliano: l'organo di primo grado non ha rispettato la scadenza di 90 giorni per depositare la sentenza. E' il secondo colpo di fortuna di “Ceck”, che peraltro assorbe quello del secondo grado (quando la Procura non aveva chiesto sanzioni per la sua attività con le scommesse). TIU a parte, potrà ripartire. Per lui è una grande chance. Guai a sprecarla.

IL GIUDIZIO DEL COLLEGIO DI GARANZIA

Diciamo che Marco Cecchinato è stato baciato dalla fortuna, oltre che dalla bravura dei suoi difensori. Da oggi, il 24enne siciliano torna ad essere un tennista a tutti gli effetti, come gli altri, con la fedina disciplinare intonsa. Il Collegio di Garanzia del CONI ha totalmente annullato le sentenze delle giustizia federale che lo avevano condannato prima a 18 mesi e 40.000 euro di multa, poi ridotti in secondo grado a 12 mesi e 20.000 euro. Le oltre 70 pagine di sentenze (47 più 25) sono state cancellate da poche righe firmate da Franco Frattini e Marcello De Luca Tamajo, rispettivamente presidente e relatore del pronunciamento della “cassazione” dello sport. Nel terzo grado di giudizio non si è nemmeno entrati nel merito, giacché è stata accolta l'eccezione di rito presentata da Alberto Amadio (già difensore di Daniele Bracciali nel ben più noto procedimento che abbiamo seguito l'anno scorso). La faccenda è semplicissima: secondo l'articolo 89 del Regolamento di Giustizia, infatti, il Tribunale Federale (organo giudicante di primo grado) deve esprimersi entro 90 giorni dall'inizio dell'azione disciplinare. Con una sentenza pubblicata il 18 luglio, la scadenza era ampiamente superata. La giustizia endofederale aveva respinto le eccezioni della difesa: aveva ritenuto che i termini dovessero essere sospesi per la necessità di assistere al filmato della partita incriminata (Cecchinato-Majchrzak al Challenger di Mohammedia del 2015), alla presenza del diretto interessato. Per questo doveva essere fissata una data che – secondo i primi organi giudicanti – rientrava nel comma 5-B del medesimo articolo 89, che prevede la sospensione: “Se si procede ad accertamenti che richiedono indispensabilmente la collaborazione dell'incolpato, e per tutto il tempo necessario”. Per la difesa, invece, si trattava di semplici azioni processuali, non degne di sospensione. Il Collegio del CONI ha accolto questa tesi e ha graziato il siciliano, evitando di entrare nel merito di una faccenda complessa e scivolosa. Non si è nemmeno discusso sulle modalità con cui la Procura aveva acquisito alcune prove (conversazioni Whatsapp tra Cecchinato e il suo amico Riccardo Accardi), con modalità quantomeno discutibili che però erano state ritenute lecite dagli organi endofederali, mentre le difese avevano parlato di violazione dei più elementari diritti di difesa (Accardi consegnò le chat spontaneamente, senza avvocato e prima che fosse intrapresa un'azione disciplinare anche a suo carico). La decorrenza dei 90 giorni era stata superata anche in occasione del processo Bracciali-Starace, ma in quel caso le ragioni delle sospensioni furono ritenute valide da tutti gli organi. Stavolta no, stavolta Cecchinato è salvo. Tecnicamente non è corretto parlare di assoluzione, ma semplicemente è sopravvenuta l'estinzione del processo, una specie di “prescrizione” sportiva che rispecchia i tempi (molto) rapidi cui deve fare riferimento la Giustizia Sportiva. A questo punto diventa inutile entrare nel merito e sulla condotta generale di Cecchinato, non solo per la partita di Mohammedia ma anche per le altre imputazioni.

L'ACCUSA POTEVA MUOVERSI MEGLIO
Più che la “vendita” diretta di una partita (accusa per cui non esistono prove), “Ceck” era accusato di aver utilizzato e diffuso informazioni riservate sul suo stato di forma e quello di altri giocatori, allo scopo di effettuare (o far effettuare) scommesse sugli incontri in questione. La sensazione – giornalistica e non giuridica! - è che siano stati effettivamente violati alcuni princìpi generali dell'Articolo 1, ma che la richiesta di radiazione richiesta dalle Procure fosse onestamente eccessiva. Leggendo alcune trascrizioni, pare evidente l'ingenuità delle parti in questione, non certo implicate in chissà quale meccanismo illecito. Molta leggerezza e tanta superficialità hanno permesso che la faccenda emergesse, anche se – come nel caso Bracciali-Starace – l'accusa, forse, avrebbe potuto muoversi meglio. E' clamoroso (ed è già storia della Giustizia Sportiva) che la Procura Federale non abbia chiesto sanzioni per la raggiunta prova che Cecchinato fosse dedito alle scommesse (anche) sul tennis. La Corte Federale di Appello lo ha rilevato, ma non ha potuto sanzionarlo in alcun modo perché la questione non era stata posta. Queste osservazioni, per quanto interessanti, oggi non hanno più alcun valore perché il processo era estinto. E se ci sono delle regole devono essere rispettate, sempre e comunque. Per Cecchinato resta la possibile spada di Damocle di un'indagine autonoma della Tennis Integrity Unit, il cui modus operandi è strettamente riservato. Al di là di questo, inizierà regolarmente il 2017 dove partirà dalle qualificazioni del torneo ATP di Chennai. La speranza è che il siciliano possa incanalare tutta la rabbia in modo positivo e scaricarla sul campo da tennis, magari tornando quanto prima tra i top-100 ATP. In fondo è già stato punito con una programmazione a intermittenza negli ultimi mesi, dove ha chiaramente giocato alcuni eventi in condizioni psicologiche non idonee. Marco ha commesso degli errori, ne è consapevole (è opportuno ricordare che ha inviato una lettera di pentimento prima del pronunciamento di primo grado, pur continuando a smentire le accuse più gravi) e siamo certi che da adesso starà alla larga da tentazioni e leggerezze. Insomma, si riparte con una doppia sfida: vincere le partite sul campo e ricostruirsi una reputazione che – pare inevitabile – è stata un filo minata. L'estinzione è sacrosanta, ma i contenuti del procedimento restano. A 24 anni, c'è tutto il tempo per rimediare e dimostrare di essere più forte di tutto.

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO - 18 luglio 2016
LA SENTENZA DI SECONDO GRADO - 29 ottobre 2016

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