VIZIETTI
“Il carattere non si cambia”, dicono le fidanzate in procinto di mollarti. Nel tennis, più o meno, vale lo stesso con un pugno d’eccezioni illustri. Tra queste, non c’è Gulbis. I tic, le routine, le baggianate sono sempre le stesse. È un libro aperto, nonostante non venga sfogliato da un po’, almeno a determinati livelli. Le palle fatte saltellare in mano, il mini-lancio prima di alzarsi la pallina e servire, i dropshot, le catenate di rovescio, i doppi falli. Berrettini, anni 22 e romano doc, è sostanzialmente perfetto nelle 2 ore 45 minuti che occorrono per mettere nero su bianco la più importante vittoria in carriera, quella che lo porta per la prima volta al terzo turno di un Major tre giorni dopo il primo successo Slam. Il feeling dannoso coi doppi falli costa a Gulbis il primo set. Ne fa uno nel game d’apertura assieme ad altri tre disastri equamente distribuiti con gli altri colpi, mentre raddoppia nel settimo gioco, di fatto disarmandosi da solo. Berrettini è preciso, concreto, pragmatico, intasca i “presents” come Gulbis li chiama rivolgendosi a coach Gunther Bresnik e in mezz’ora esatta è già 6-2 per "Berretto".
PALLA AL CENTRO
Nel secondo set Gulbis termina coi dialoghi – non corrisposti peraltro – col suo allenatore e, finalmente, gioca. Per riequilibrare la situazione, tuttavia, Ernests è costretto a rovistare nella spazzatura con umiltà, e là ci trova un tesoro. Il primo doppio fallo del romano – che sarà il leitmotiv della partita – gli offre la prima palla break e ci si avventa col dritto vincente. I servizi comandano il resto fino al 6-3 lèttone nel frastuono degli indemoniati tifosi bosniaci che festeggiano la vittoria di Dzumhur nel campo attiguo.