Dal punto di vista puramente sportivo, la notizia è che Fabio Fognini ha conquistato i quarti di finale all’ATP 500 di Rio De Janeiro. Dopo la rocambolesca rimonta (da 7-6 4-0 sotto) al primo turno contro il padrone di casa Thomaz Bellucci,
il numero uno d’Italia ne ha messa a segno una seconda contro Tennys Sandgren, spuntandola per 4-6 6-4 7-6 dopo aver cancellato un match-point e regalandosi l’atteso ritorno – per ora virtuale – fra i primi 20 giocatori del mondo, a oltre tre anni dall’ultima volta. Ma come talvolta (e purtroppo) capita nei match di Fognini, ciò che è successo in campo impone di scindere l’aspetto sportivo dal resto, ovvero un paio di comportamenti irrispettosi nei confronti del giudice di sedia Carlos Bernardes, col quale negli anni il tennista ligure ha costruito un rapporto tutt’altro che idilliaco, fatto di più di un diverbio. La lista si è allungata sulla Quadra 1 del Jockey Club Brasileiro, quando sul 3-3 del terzo set, dopo un ace di Sandgren e per un motivo onestamente difficile da comprendere, Fognini
ha rivolto all’arbitro brasiliano le seguenti frasi: “Ma da dove t’hanno preso? Ma da dove arrivi? Ti giuro su mio figlio che è l’ultima volta che stai qua con me in campo”. Parole che rievocano l’alterco fra lo stesso Bernardes e Rafael Nadal, nel 2015 proprio a Rio, e pure con Fognini (incolpevole) in campo. “Rafa” se la prese per un warning e disse al giudice di sedia che avrebbe chiesto di non essere più arbitrato da lui, come poi ha fatto, venendo accontentato dall’ATP fino al termine della stagione. Non pago, dopo il match-point vincente
Fognini ha allungato la mano a Bernardes dandogli praticamente le spalle, senza guardarlo in faccia, ma a differenza di quanto avvenne quattro anni or
sono a Parigi-Bercy, quando fu lo stesso arbitro a rifiutarsi per una ventina di secondi di stringere la mano a Fabio, stavolta il giudice di sedia ha fatto finta di nulla, ricambiando la stretta di mano. Tuttavia, restano comportamenti che un giocatore del calibro di Fognini farebbe meglio a evitare, perché l’unico a rimetterci è sempre e solo lui.
E se è vero che nel tennis conta solo vincere, è vero anche che c’è modo e modo di farlo.