Riccardo Bisti
01 September 2018

1977: un transessuale allo Us Open

Il 1 settembre di 41 anni fa, Renee Richards diventava la prima transessuale a giocare uno Slam. L'ex dottor Richard Raskind perse contro Virginia Wade, ma sarebbe stato l'inizio di quattro anni con buoni risultati, vissuti con grande dignità. A modo suo, è entrata nella storia del tennis.

Nel 1975, il dottor Richard Raskind raggiunse la semifinale dei Campionati Nazionali americani Over 35. Da ragazzino era stato un buon tennista, soprattutto nel periodo del college, quando frequentava la Yale University. Ma c'era qualcosa che non lo soddisfaceva. E dunque, in quel 1975 che fu anche l'anno della fuga di Martina Navratilova dalla Cecoslovacchia, si sottopose a un'operazione di cambio di sesso e divenne una donna. Oculista di professione, non abbandonò la sua passione per il tennis. Nel 1976 vinse un torneo femminile a La Jolla, in California. Un paio di mesi dopo si sarebbe giocato lo Us Open e avrebbe voluto partecipare, ma non fu possibile perché rifiutò di effettuare un test cromosomico. Tuttavia, le fu concesso di giocare una serie di altri tornei. Via via, il desiderio di misurarsi con le migliori era sempre più forte. E così, abbandonato il vecchio nome per diventare Renee Richards, si rivolse a un tribunale per ottenere l'ammissione allo Us Open 1977, ultima edizione giocata a Forest Hills prima della costruzione di Flushing Meadows. La sentenza fu favorevole e dunque, il 1 settembre 1977, per la prima volta una transessuale ha giocato un torneo del Grande Slam. Ormai 43enne, la Richards ebbe un sorteggio terribile: avrebbe affrontato la numero 3 Virginia Wade, recente campionessa di Wimbledon (ultima britannica ad averlo vinto) nonché vincitrice allo Us Open nel 1968. Affrontare la Richards avrebbe potuto essere complicato per tante giocatrici, ma non per la Wade. Molto sicura di sé, si presentò spesso a rete e mise a disagio la Richard con tanti rovesci in slice per chiudere con un rapido 6-1 6-4. Come ricorda Steve Tignor sul sito ufficiale dello Us Open, in quei giorni la rivista “World Tennis” scrisse: “Soltanto 12 giorni prima del torneo, un giudice della Corte Suprema di New York, Alfred M. Ascione, ha stabilito che Renee avrebbe potuto giocare lo Us Open".

1 settembre 1977: Renee Richards in campo allo Us Open

QUATTRO ANNI NEL CIRCUITO WTA
La sfida contro la Wade fu la sua prima esperienza contro una top-player: per questo, era visibilmente nervosa. Suo padre non riuscì a capire il perché. Diceva che Dick (il suo nome precedente) aveva giocato a Forest Hills nel 1960, contro Neale Fraser, e che non avrebbe dovuto avere i nervi di chi si trova a fronteggiare un palcoscenico importante. Ma giocare da donna, anzi, da transessuale, non era la stessa cosa. C'erano enormi implicazioni emotive e sociali. “Ha giocato meglio di quanto pensassi, ma non mi ha mai portata fuori dal campo – ammise la Wade – immagino che questa sia la differenza tra tennis maschile e femminile: dobbiamo usare più tattiche per vincere”. La Richards, tuttavia, si sarebbe rifatta con il doppio. Insieme Betty Ann Grubb Stuart sarebbe arrivata addirittura in finale, perdendo contro Martina Navratilova e Betty Stove. La sua carriera nel circuito WTA sarebbe durata fino al 1981, quando scelse di ritirarsi a 47 anni di età. Il suo passaggio nel circuito WTA non indimenticabile, almeno sul piano dei risultati: ha raggiunto un paio di semifinali in doppio misto, sempre allo Us Open, insieme a Ilie Nastase, mentre in singolare si è accomodata al numero 20. Persona di invidiabile cultura, ha gestito la particolarità della sua situazione con notevole eleganza. Dopo di lei, non ci sono stati episodi simili, salvo quello dell'ermafrodita Sarah Gronert. Da allenatrice ha avuto un buon successo, peraltro mettendo in piedi una valida collaborazione con la Navratilova. Ci si può domandare dove sarebbe arrivata se avesse effettuato la scelta dieci anni prima, con il fisico ancora in piena efficienza. Forse sarebbe entrata tra le top-10 e vinto qualche Slam, ma in fondo non importa. Certamente, la sua scelta è tra le più coraggiose che si ricordino. All'inizio, le avversarie erano scettiche nei suoi confronti. C'era chi non la voleva, non essendoci parametri oggettivi per capire se avesse reali vantaggi dovuti alla sua fisicità. Ma lei non si è mai fatta condizione e, forte di una sentenza della Corte Suprema, ha fatto valere i suoi diritti. In questo modo, è diventata una figura da ricordare nella storia del tennis.

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