dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray Giubilo Tornando al tennis giocato delle azzurre, ottimo successo anche per Tathiana Garbin, che sul campo n.15, ha superato l’estone Maret Ani. Solida “Tathy”, concreta e precisa in un primo set ben giocato da lei e completamente steccato dall’avversaria. Nel secondo le cose sono cambiate, l’estone (che in campo si sprona e si lamenta in italiano) ha ritrovato colpi e profondità. E’ stata più dura dunque ma neanche troppo, il 7-6 finale è frutto, come spesso accade nel tennis, di poche palle fondamentali, i cosiddetti punti importanti. “E quelli li ho giocati tutti meglio io, molto più di lei”. Sta bene la mestrina, fisicamente e mentalmente e adesso si appresta a sfidare, al secondo turno degli Open Usa, Agnes Szavay. Da ottobre si trasferirà in pianta stabile a Palermo, dove già si allena con Francesco Palpacelli. “Sto bene e sono felice, ho tanta energia e tanta voglia. Ora però… vado a magnà”, ha chiuso il suo incontro con i giornalisti, con il solito sorriso e la frizzante simpatia. Tathiana è la sesta azzurra su sette ad aver vinto il proprio incontro di primo turno. Unica eccezione Karin Knapp, le altre tutte avanti: Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci, Maria Elena Camerin e Sara Errani. Così come i due ometti impegnati oggi, già detto di Andreas Seppi e (a parte) di Flavio Cipolla. Unici rammarici quelli per Simone Bolelli, e in attesa di Potito Starace, impegnato mercoledì con Radek Stepanek. Insomma, la spedizione azzurra a New York sta vincendo e, a tratti convincendo pure. Ana Ivanovic ha aperto il programma di oggi sul Centrale. Lo ha fatto contro la russa Vera Dushevina e la testa di serie numero 1 del torneo ha avuto il suo bel da fare per superare l’avversaria, tanto che è dovuta ricorrere al terzo set. Vince anche Serena Williams, che invece il programma sull’Arthur Ashe lo ha chiuso superando Kateryna Bondarenko, la meno temibile delle sorelle ucraine. | ||
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dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray Giubilo E sempre più di fiabesco si tinge la vicenda ascoltando quello che ha da dire in conferenza stampa, il buon Flavio. “La prima cosa che devo confessare – ha attaccato Cipolla – è che non mi sono preparato bene per questo torneo. Quasi per nulla. Ho fatto una settimana di vacanza a Palma di Maiorca, sono tornato e mi sono allenato una settimana sul veloce a Roma”. E poi quel problema al ginocchio, un infiammazione al tendine rotuleo, che non prometteva nulla di buono per i terreni duri. “Non pensavo di poter giocare tanto a lungo e non sentire quasi nulla. Anche perché non avevo mai giocato prima un quinto set, per la verità nemmeno un quarto set, se non in doppio. Figuriamoci pensare di poterlo anche vincere”. Altro dettaglio da fiaba: Hernych, in due precedenti con Cipolla, aveva lasciato al Nostro solo cinque game, cinque game in due partite! “Certo, perché è un giocatore che mi dà fastidio molto: è aggressivo, viene a rete sulla seconda e non ti dà ritmo”. Flavio, di verde acceso vestito, si è conquistato l’amore e il tifo degli americani che lo hanno incitato per tutto il match, e in particolar modo nel parziale decisivo. Certo, le grida di approvazione e di incoraggiamento lasciavano allargare le labbra in un sorriso spesso e volentieri. Non solo i fan statunitensi infatti ne mispronunciavano il cognome, con qualcosa che dovrebbe assomigliare, in trascrizione, a un “Go Sipòla”, ma anche cambiandone il nome: in più d’un occasione qualche sbadato appassionato ha urlato verso il campo “Go Fabio”… Questioni onomastiche a parte, la grinta del figlio di Quirino ha trascinato tutti. Senza cadere nella banalità di un Davide che batte Golia, la differenza fisica tra i due giocatori si è vista tutta nel momento della stretta di mano. Hernych sembrava un gigante al fianco del nostro piccolo talento, quello che in molti, e a ragione, hanno chiamato il “Santoro Italiano”. Uno capace di magie, trucchi e colpi di genio. Che sarà, speriamo tutti, chiamato a ritirare in ballo contro Lu (Taipei) che ha superato Nicolas Lapentti qui a New York (Murray e Calleri a Pechino). “Di lui so solo che sa giocare bene sul veloce, ma non l’ho mai visto – ha confessato Cipolla – proverò a informarmi”. | ||
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dal nostro inviato a New York Gabriele Riva – foto Ray Giubilo Wawrinka è alto e grosso, un treno fisicamente. Cipolla no, e ha pure un guaio muscolare al gluteo sinistro. Il Nostro è 142 Atp, l’altro 10. Ma in campo tutto questo non si vede, anzi si ribalta. Flavio, che alla vigilia aveva detto che si sarebbe “inventato qualcosa”, mostra di averlo fatto per davvero. E di averlo fatto bene. Di rovescio solo back. Di diritto solo candelotti o quasi. Ritmi che lo svizzerotto non conosce e non è abituato a vedere. Lui di solito fa a mazzate da fondo, una specie di “chi tira più forte”, e fa male con il suo bel rovescio che colpisce e può colpire, solitamente, all’altezza del bacino. Ma oggi è diverso. Oggi al di là della rete c’è Flavietto Cipolla. E quando Flavietto colpisce col rovescio “Stan” deve raschiare la palla da terra. Quando Flavietto colpisce col diritto “Stan” deve salire sopra la spalla a cercare la boccia gialla. Tutto diverso. E non ci capisce niente. Sbaglia tanto, sbaglia spesso, sbaglia troppo. Cipolla invece fa una magia dietro l’altra con la sua “bacchetta” Wilson, compreso un passante di rovescio (o qualcosa che gli assomigliava molto) recuperando in corsa un pallonetto avversario. Ci mette la “bacchetta” e, abra cadabra, palla sulla riga e Wawrinka a rodersi il cervello. Il primo parziale è da non crederci. 5-2 per il nostro, come nelle favole. Poi il braccio non è più sicuro, la prima di servizio latita, il diritto scappa. D’un botto si torna cinque a cinque. Poi ancora un break, questa volta confermato e primo set in tasca azzurra. Il secondo parte male, tre a zero Wawrinka. Flavio non molla, sta lì, recupera il break, ne guadagna un altro e va a servire per il parziale numero 2. Ancora problemi con il servizio, ancora cinque pari. Questa volta è tie-break. Che Flavio domina e si porta a un set soltanto dagli ottavi di finale degli Us Open, un biglietto per la seconda settimana newyorchese. Nulla di grave, in campo certe cose possono accadere. Anche perché nel circuito Wawrinka non è fra i più amati. “Non sta simpatico quasi a nessuno nel circuito”, conferma Claudio Pistolesi, anche lui in tribuna a seguire Flavio (c’erano anche Corrado Barazzutti, Sergio Palmieri e Max Sartori). Storia finita. Manca una specie di morale, chiamiamola così. Ed è questa: Wawrinka ha vinto, perché nei momenti importanti ha fatto bene. Ma Cipolla ha giocato alla grande, con grande intelligenza. Il suo obiettivo sono i Top 100. Con questa attitudine l’obiettivo può tranquillamente essere centrato. Un successo che significherebbe anche mettersi in luce, uscire dall’ombra degli altri. D’altronde se ce l’ha fatta Wawrinka… perché no? | ||