Le parole in conferenza stampa del tennista romano, che per la prima volta in carriera accede agli ottavi a livello Slam ed entra virtualmente nei primi venti al mondo

Foto di Ray Giubilo

LONDRA – «Penso che oggi sia stata decisiva la mia voglia di vincere. Sono sceso in campo con grandi motivazioni, raggiungere finalmente gli ottavi di finale in uno Slam era un obiettivo che inseguivo da tempo. Ho giocato uno dei match più belli della mia carriera, sono stato quasi perfetto. Mi sembra di aver fatto sempre le scelte giuste, ad ogni giocata di Mensik trovavo la contromisura, l’ho sfinito…». Flavio Cobolli si lascia andare a uno dei suoi tipici sorrisi sornioni, tanto romani. E’ giustamente contento, ha anche trovato una casa finalmente al caso suo («è bellissima!») e sull’erba si trova ogni giorno più a suo agio. «Eppure da junior odiavo questa superficie, ora invece mi piace giocarci; sento di muovermi bene, qualcuno dice che Dio non mi ha dato il servizio ma le gambe si, sto imparando anche a scivolare. E poi penso di avere una buona risposta al servizio, cosa che sull’erba può diventare decisiva». C’è una cosa, però, che non gli garba di Londra, e non riguarda il tennis. «Mi manca il biliardo, qui si gioca in modo diverso (e si chiama snooker, nda). Peccato perché mi rilassa giocare a “8 e 15”, è una specialità che ha bisogno di una strategia per ogni colpo, proprio come il tennis».

Il deludente inizio di stagione è ormai dimenticato, con l’exploit di Wimbledon Flavio sale virtualmente in Top 20, mai successo prima. «Le vittorie di Bucarest e soprattutto Amburgo hanno cambiato qualcosa dentro di me, ora mi sento molto più sicuro». Tanto da arrivare a sognare i quarti di finale, Cilic o Munar permettendo. «E’ una cosa che non mi piace molto fare, ma andrò a vedere un po’ della loro partita. Cilic? L’ho battuto a Parigi (6-2 6-1 6-3, nda) ma sull’erba sarebbe tutto un altro match, non a caso ha eliminato Draper. Anche la presenza di Munar non mi sorprende, si muove bene su questi campi, dà l’impressione di divertirsi. E poi è un partitaro, un agonista che se la gioca fino alla fine».
Chiusura con due messaggi: quello tradizionale mandato alla fidanzata Matilde a fine partita, e quello che spedisce all’amico Edoardo Bove. «Mi ha assicurato che veniva qui, agli ottavi gli tocca…».