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Marco Caldara
19 March 2017

Elena Vesnina, la russa che non ti aspetti

A Indian Wells, nel 2016, Elena Vesnina perse al primo turno delle qualificazioni. Dodici mesi dopo si è regalata una rivincita da favola, sbancando il torneo più prestigioso alle spalle dei quattro Slam. La finale è stata la sintesi della sua carriera da singolarista: sembrava finita (a favore del doppio), invece si è data un’altra chance e l’ha sfruttata da campionessa.
L’Australian Open di Roger Federer e Serena Williams (ma anche della sorella Venus) ha ribadito che il tennis non ha età. I “vecchietti” non ne vogliono sapere di farsi da parte, i giovani non sono ancora pronti e l’esperienza sta diventando un fattore sempre più importante. Per chi avesse ancora dei dubbi, le conferme arrivano settimana dopo settimana: basta chiedere a Elena Vesnina, o rivedere il film della sua favola nel deserto di Indian Wells, iniziata col successo su Angelique Kerber e chiusa col 6-7 7-5 6-4 rifilato in finale alla connazionale Svetlana Kuznetova, che le ha lasciato in eredità il titolo più importante in carriera e un obiettivo che sembrava ormai sfuggito da un pezzo: la top-10 in singolare. O meglio, anche in singolare, visto che nel doppio l’ha conquistata già da tempo e proprio quella è (ormai era) la specialità che ne ha arricchito palmarés, conto in banca e valigia delle emozioni, con Roland Garros, Us Open, Australian Open (nel misto), le WTA Finals, un Oro Olimpico e tanto tanto altro. In singolare, invece, il periodo buono per sfondare sembrava passato: era arrivata a un passo dalle prime 20 nel 2009, poi ha vinto un paio di titoli nel 2013, ma un 2015 avaro di risultati l’aveva portata addirittura fuori dalle prime 100. Il suggerimento, visto il trentesimo compleanno in arrivo, sembrava fin troppo chiaro: rinunciare al singolare per dedicarsi soltanto al doppio insieme alla fida Ekaterina Makarova, e provare magari a conquistare la vetta della classifica WTA di specialità. Una tentazione sfiziosa, alla portata, forse anche più stimolante rispetto al singolare, ma alla quale la 30enne originaria di Kiev non ha mai ceduto del tutto. Ha dato sì priorità al doppio, ma sapeva di poter ancora fare qualcosa di grande anche in singolare, immaginava traguardi ben più prestigiosi di un titolo a Hobart o Eastbourne, e ha avuto ragione. Eccome se ha avuto ragione. Il clic della sua carriera da singolarista è arrivato lo scorso anno a Wimbledon: a sorpresa la tennista di Sochi si è spinta fino a un’incredibile semifinale, trovando in un colpo solo tutte le conferme che cercava. E così, a un anno dalla sconfitta al primo turno delle qualificazioni (!), ecco il miracolo a Indian Wells, al termine di una finale che pareva scivolata via sia nel secondo sia nel terzo set, e invece ha coronato lei.
DOPO 3 TITOLI IN DOPPIO, ANCHE IL SINGOLARE
Per decretare il nome della vincitrice ci è voluta una maratona da 3 ore e 1 minuto, che ha ritoccato i record di durata al BNP Paribas Open sia in termini di durata che di giochi disputati, ben 35. Merito di un match senza padrona quasi fino alla conclusione, con numerosi capovolgimenti di fronte e un tennis non sempre brillantissimo, ma con tanto pathos. E la Kuznetsova, già finalista (e battuta) sia nel 2007 che nel 2008, può veramente mangiarsi le mani, per un terzo set che l'ha vista condurre 4-2 ma ancora di più per un secondo comandato fino al 4-1, dopo che un fortunatissimo nastro vincente le aveva consegnato il primo set al tie-break, sparando diritto l'animo dell'avversaria. Ma in entrambi i casi la Vesnina non ha mollato, ha continuato a cercare di comandare il gioco a costo di sbagliare un po’ di più, e a provarci proprio come col singolare, sicura che prima o poi una chance sarebbe passata. Ed è passata. Era la sua giornata, è il suo torneo (l’unico vinto tre volte in doppio), e dal 2-4 del terzo ha ribaltato completamente la situazione. Prima ha ripreso l’avversaria, poi l’ha superata, e l’abitudine a tenere i nervi saldi nei punti cruciali dei grandi tornei, forgiata grazie ai successi in doppio, le è servita quando è andata a servire sul 5-4. In un match da 16 break, la probabilità di vincere quel game era identica a quella di perderlo: invece non ha tremato, è salita 40-15 e ha chiuso al secondo match-point, sdraiandosi sul cemento bollente dello Stadium 1. Quando si è rialzata, ha trovato un assegno da oltre un milione di dollari, il primo Mandatory in carriera e un nuovo best ranking, al numero 13 WTA. Ora sì che la top-10 è vicina sul serio, e prima di Wimbledon ci sono sia il tempo sia le qualità per andarsela a prendere. “Sul 4-1 del secondo set – ha detto la vincitrice durante la premiazione – questo titolo mi sembrava molto molto lontano. Ma trovarmi sotto nel punteggio mi ha aiutato a giocare in maniera un tantino più sciolta, e ancora non posso credere di aver vinto qui, battendo in finale una grande giocatrice come Svetlana. Ho sempre adorato Indian Wells, ma ora lo amo ancora di più”. Non potrebbe essere altrimenti…

WTA PREMIER MANDATORY INDIAN WELLS – Finale
Elena Vesnina (RUS) b. Svetlana Kuznetsova (RUS) 6-7 7-5 6-4
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