di Fabio Bagatella - foto Ray Giubilo
E’ il 2000 a segnare l’ingresso del 18enne Andy Roddick nel professionismo tennistico. Al dominio delle classifica junior dopo i trionfi di Australian Open e US Open, si aggiungono già le prime vittorie nel circuito maggiore. La giovane promessa del tennis statunitense riceve molte wildcards nei tornei casalinghi e si fa presto notare. Alla sconfitta contro Laurence Tieleman (104) di Delray Beach segue subito la prima vittoria ATP. Al Masters Series Miami rifila un secco 6-4 6-0 a Vicente (41) prima di racimolare cinque games contro Agassi (1). A Washington si spinge sino ai “quarti” piegando nell’ordine Voinea (91), Santoro (30) e Kucera (47). E’ ancora una volta Agassi (1) a fermarlo (6-4 6-4). A Flushing Meadows gioca il suo primo Slam da pro strappando un set ad Albert Costa (24). Nell’ultimo scorcio di stagione si dedica ai Challengers con risultati di riguardo: successo a Austin (Texas) e Burbank (California), finale a Knoxville (Tennessee) e semifinale a Las Vegas. Niente male come inizio: a fine anno è già numero 156 del mondo laddove a gennaio non era ancora presente nel ranking ATP.
Nel 2001 irrompe, nemmeno ventenne, tra i top 20. Dopo aver dominato il Challenger di Waikoloa (Hawaii), arrivano i primi squilli nei tornei del circuito maggiore. A Miami si concede il lusso di battere 7-6 6-3 Sampras (4) prima di arrendersi 3-6 2-6 a Hewitt (7). Tra la fine di aprile e l’inizio di maggio infila una striscia di dieci vittorie consecutive che gli valgono i trionfi sulla terra di Atlanta e Houston nonché l’ingresso tra i top 50 (46). A Delray Beach coglie pure il primo successo in doppio (con Gambill). In cinque mesi scala oltre 100 gradini della classifica mondiali ma non si arresta. Nel suo primo Roland Garros si ritira al terzo turno contro Hewitt (6) dopo essere stato protagonista di un’epica battaglia contro Michael Chang (35) vinta 7-5 al quinto nonostante i crampi. Anche a Wimbledon un ottimo terzo turno: regola T. Johansson (14) prima di cedere in quattro set al futuro re, Goran Ivanisevic (125). Nella seconda parte di stagione anche il cemento nordamericano gli regala soddisfazioni: “quarti” nel Masters Series del Canada dove sconfigge in rimonta il leader mondiale Kuerten, terzo urrah stagionale a Washington e, dulcis in fundo, quarti di finale nello Slam newyorkese dove è l’unico a far tremare per quasi quattro ore il dominatore assoluto Hewitt (4). Dopo un’altro quarto a Basilea (ko contro Federer, 13) ed aver “salvato”gli USA dalla retrocessione in Davis (4-1 all’India) chiude una prima annata da ricordare a ridosso dei big (14).
Nel 2002 la top 10 diviene realtà. Gioca per la prima volta in Australia: bene la semifinale di Sidney (ancora ko contro Federer, 13), meno bene il secondo turno di Melbourne (si ritira contro Ljubicic, 35). Con il ritorno negli USA la cavalcata riparte: vittoria a Memphis, bis a Houston (dove supera ancora Sampras, 14 vincendo anche in doppio con Fish), finale a Delray Beach (piegato da Sanguinetti, 60). Dopo la deludente parentesi europea in cui comunque raggiunge la semifinale a Roma (out contro Haas, 7), è ancora l’aria di casa a giovargli. Finale al Masters Series del Canada (battuto da Canas, 19), semifinale a Los Angeles, “quarti” nell’altro Masters Series di Cincinnati e soprattutto agli US Open dove il futuro vincitore Sampras (17) si “vendica” delle due precedenti sconfitte infliggendogli una sonora lezione in meno di un’ora e mezza (6-3 6-2 6-4). E’ proprio la finale canadese a portarlo per la prima volta nei top ten (9) ad inizio agosto. Nell’ultima parte dell’annata due nuovi “quarti”: a Basilea dove è sempre Federer (8) a fermarlo e al Masters Series di Bercy (fuori contro Srichaphan, 21). A fine anno è il decimo giocatore del mondo.
Il 2003 è l’anno della definitiva consacrazione. Sei successi in otto finali tra cui il trionfo nello Slam newyorkese e nei due Masters 1000 del Canada e di Cincinnati. Ciliegina sulla torta la leadership mondiale di fine anno conservata fino all’inizio del 2004. Che sia un’annata di quelle da incorniciare lo si capisce subito. A Melbourne realizza il suo best di sempre: solo uno Schuettler (36) in stato di grazia lo ferma in semifinale. Dopo le finali perdute a Memphis (contro Dent, 68) e Houston (contro Agassi, 2) è la tarda primavera europea a segnare il cambio di marcia. Domina prima sulla terra di St Poelten e poi sull’erba del Queen’s cedendo in tutto un solo tiebreak (ad Agassi, 2 nella semifinale del torneo della Regina). A Wimbledon “inciampa” in semifinale contro Federer (5) ma il meglio deve ancora venire. Sull’amato cemento di casa, tra la fine di luglio e l’inizio di settembre, infila la vittoria di Indianapolis, la semifinale di Washington (ko al tie-break del terzo set contro Henman, 38) e soprattutto uno spettacolare filotto di tre trionfi prestigiosissimi. Il Masters Series del Canada (dove in “semi” sfata il tabù Federer) quello di Cincinnati e l’US Open (dove demolisce nella finalissima Ferrero, 3) si aggiungono così al suo palmares. Negli indoor europei di fine stagione ancora due semifinali (a Basilea e Bercy): il 3 novembre diviene il leader della classifica ATP. Si qualifica al suo primo Masters (Houston) come numero al mondo ma in “semi” Federer (3) si conferma un avversario indigesto. Nonostante questa sconfitta termina la stagione in vetta al ranking mondiale.
Nel 2004 perde la leadership ATP (e non la riconquisterà più). Il re del circuito abdica già a Melbourne dopo la sconfitta nei “quarti” nella durissima battaglia contro il futuro finalista Safin (86). Il “duro” americano gli dà subito l’occasione di rifarsi: vittoria a San Josè e soprattutto nel Masters Series di Miami. Al Queen’s si ripete mentre a Wimbledon è sempre Federer (1) a dimostrarsi insuperabile (ko in finale al quarto set). L’estate non è esaltante come quella dell’anno precedente ma non negativa: bis a Indianapolis, finale nel Masters Series del Canada (sempre ko contro Federer, 1), “quarti” in quello di Cincinnati (out contro Agassi, 11) e all’US Open (sorpreso da J. Johansson, 30). Deludente la parentesi olimpica di Atene dove cede netto a Gonzalez (21). Nel finale di stagione nuovo rovescio al cospetto di Federer nella finale di Bangkok e seconda qualificazione al Masters. Questa volta è Hewitt (3) a sconfiggerlo nettamente in “semi”. Dopo aver condotto gli USA alla finale di Davis contro la Spagna, perde due matches decisivi a Siviglia contro un giovanissimo Nadal (51) e contro Moya (5). Chiude l’annata sul podio del ranking ATP (2) ma ben lontano dal leader Federer.
Nel 2005 si mantiene stabilmente nei top 5. Dopo una nuova semifinale raggiunta agli Australian Open dove si arrende ancora al beniamino di casa Hewitt (3) giungono i consueti buoni risultati nei tornei di casa. Vittorie a San Jose e Houston, “semi” a Memphis e al Masters Series di Indian Wells (out dopo tre tie-break contro Hewitt, 2). Tris al Queen’s e nuova “lezione” da Federer (1) nella finale di Wimbledon. L’estate nordamericana gli regala “solo” la vittoria di Washington e la finale del Masters Series di Cincinnati dove supera finalmente Hewitt (3) ma si arrende sempre a Federer (1). Agli US Open dopo tre tie-break, è sorprendentemente eliminato all’esordio dal lussemburghese Muller (68). Nel finale di stagione vittoria in quel di Lione (è il 20o titolo), “semi” a Bercy (ko contro Ljubicic, 10). Il terzo posto di fine anno gli consente la terza partecipazione al Masters ma un infortunio alla schiena lo costringe a dare forfait.
Il 2006 non è una grande stagione. Dopo tre anni e mezzo a luglio esce dai top ten. Alla vigilia della stagione sul cemento nordamericana l’annata è proprio deficitaria: si segnalano soltanto le semifinali di San Jose e del Queen’s ed i “quarti” dei Masters Series di Miami e Roma perdendo molte volte contro avversari che negli anni precedenti aveva spesso sconfitto comodamente. E’ ancora una volta l’estate nordamericana a ridargli fiducia riportandolo nei top ten: trionfo al Masters Series di Cincinnati (dopo aver rischiato tantissimo al primo turno contro Bracciali, 63), finale ad Indianapolis (piegato da Blake, 6 ma vittoria nel doppio con Reynolds) e finalissima all’US Open (liquidato in quattro set dall’onnipresente Federer, 1). Riesce a qualificarsi per il quarto anno consecutivo al Masters ma in Cina esce subito nel round robin. Chiude una stagione nel complesso sottotono al sesto gradino del ranking ATP.
Il 2007 è l’anno del trionfo in Coppa Davis. L’inizio è scoppiettante con un bilancio di 21 vittorie in 26 incontri giocati nei primi tre mesi. Finale a Memphis (asfaltato da Haas, 9), semifinale a Melbourne, San Jose e Indian Wells (dove è superato rispettivamente da Federer 1, Murray, 13 e Nadal, 2) e “quarti” a Miami (ritirato contro Murray). Nella seconda parte di stagione arriva il quarto urrah al Queen’s, il terzo a Washington ed i due “quarti” di Wimbledon e Flushing Meadows (fuori contro Gasquet, 14 e Federer, 1). Il grande risultato della stagione resta comunque l’aver guidato, con sei vittorie in altrettanti matches disputati, gli USA alla 32a vittoria in Davis (4-1 alla Russia in finale). Per il secondo anno consecutivo chiude al sesto posto del ranking ATP qualificandosi per il suo quinto Masters dove si ferma in “semi” (netto ko contro Ferrer, 6).
Il 2008 parte bene ma si conclude in sordina. L’avvio è ottimo con il terzo timbro a San Josè, il primo a Doha (dove supera Nadal, 2), Djokovic, 3) e la semifinale del Masters Series di Miami. In Florida interrompe nei “quarti” la lunghissima striscia di sconfitte consecutive (11) contro Federer (2) ma si arrende al futuro campione Davydenko (4). Nella restante parte della stagione gioca poco (per una serie di guai fisici) e non colleziona grandissimi risultati. Degni di nota il successo di Pechino, la finale di Los Angeles (ko con Del Potro, 24), la “semi” del Foro Italico, del Queen’s e di Tokyo (out rispettivamente contro Nadal, 2, Wawrinka, 24 e Berdych, 27) nonché i “quarti” dell’US Open (fuori contro Djokovic, 3) e di Bercy (contro Tsonga, 14). A fine anno il suo ranking peggiora leggermente (8) ma gli permette di collezionare il sesto Masters. Un problema all’anca destra lo costringe però nuovamente al forfait.
Nel 2009 si conferma tra i top 10 per l’ottavo anno consecutivo. L’inizio è ancora una volta positivo: finale a Doha (ko contro Murray, 4), quarta semifinale a Melbourne (dove approfitta del ritiro di Djokovic, 3 ma cede a Federer, 2) , “semi” e “quarti” ai Masters 1000 di Indian Wells e Miami (out contro Nadal, 1 e Federer, 2), titolo a Memphis. In California si consola comunque con la vittoria nel doppio in coppia con Fish. Dopo l’abituale deludente parentesi sul rosso è l’erba londinese a ridargli un mezzo sorriso. Semifinale al Queen’s (ritirato contro Blake, 16) e soprattutto finale a Wimbledon. Nello Slam britannico piega a fatica nei “quarti” un redivivo Hewitt (56), in “semi” l’idolo di casa Murray (3) ed arriva molto vicino a sconfiggere in finale Federer (2). Si arrende 16-14 al quinto perdendo il servizio solo nell’ultimo gioco di un match al cardiopalma. La seconda parte della stagione è caratterizzata da ripetuti guai fisici che ne condizionano il rendimento. Da segnalare comunque la finale di Washington e la “semi” di Montreal sempre sconfitto da Del Potro (6). Settimo nel ranking ATP di fine anno e settimo Masters della sua carriera: non gioca per l’ennesimo infortunio.
Il 2010 si è aperto alla stragrande. Dopo la vittoria di Brisbane e i quarti di Melbourne, battuto al quinto dall’emergente Cilic (14), il cemento americano gli regala una soddisfazione dietro l’altra. Prima l’antipasto con la finale di San Jose (ko contro Verdasco, 11) e i “quarti” di Memphis (out nel derby contro Querrey, 31); poi i due piatti forti: finale al Masters 1000 di Indian Wells, superato da uno strepitoso Ljubicic (26) e trionfo assoluto in quello di Miami dopo aver sconfitto Nadal (4) in “semi” ed il sorprendente Berdych (20) in un ultimo atto con poca storia. Forte del 29o titolo ATP in cascina, scalza lo svedese Robin Soderling dal settimo gradino del ranking mondiale.
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