Quei maledetti punti importanti

La distanza è sempre meno, ma Dominic Thiem non è ancora pronto. Contro un Djokovic tutt’altro che impeccabile, il talento austriaco fa e disfa per quasi due ore, fino a cedere in un mare di rimpianti. Ha mancato 14 palle-break mancate su 15: è record!
Fossimo Dominic Thiem, non sapremmo bene come interpretare la sconfitta contro Novak Djokovic negli ottavi del Masters 1000 di Miami. Il giovane austriaco si è fatto apprezzare eccome dal pubblico di Crandon Park, tenendo in campo il numero uno del mondo per quasi due ore e alimentando le belle parole sul suo futuro, ma alla fine ha ceduto 6-3 6-4 ed è tornato negli spogliatoi con sensazioni contrastanti. Da una parte la consapevolezza di aver mostrato il lato umano di Djokovic, costretto a combattere (anche contro sé stesso) in ogni singolo turno di servizio, dall’altra l’amarezza per avergliene strappato appena uno, col conseguente record negativo di palle-break mancate in un match al meglio dei tre set. Il bilancio è impietoso: quindici chance, appena un break, peraltro consegnato da un doppio fallo del serbo. Quando il punto è iniziato, insomma, non l’ha mai vinto lui. Ed è un vero peccato, perché contro il Djokovic odierno avrebbe avuto addirittura qualche chance di vittoria. Lo confermano le statistiche, che raccontano di un ‘Nole’ incappato nella classica giornata no. A tratti il suo match si è trasformato in un calvario, con le stazioni scandite da 9 doppi falli e 34 errori gratuiti (a fronte di soli 6 vincenti: praticamente un rapporto di 1 ogni 6!), contro un Thiem che, palle-break a parte, ha fatto tutto piuttosto bene. Con la mano del papà-coach, l’austriaco ha preparato il match a dovere, utilizzando saggiamente il suo gran kick di servizio e giocando spesso il back sulla diagonale sinistra, due soluzioni che hanno creato più di un problema a Djokovic, particolarmente falloso anche col rovescio. Ma, tanto Thiem è stato bravo a seminare, quanto poco lo è stato a raccogliere: sette punti in meno non possono costare cinque game di differenza. Almeno per quanto visto stasera (ricordate invece come a Buenos Aires ha cancellato un match-point a Nadal? Minuto 13:20), quello dei punti importanti è un aspetto sul quale dovrà necessariamente lavorare, per compiere l’ultimo passettino.
 
INTENSITÀ DA TOP 10: CI ARRIVERÀ A BREVE
“Non si può scendere in campo sperando solo di fare bella figura. Giocando contro i Top 5 c’è solo da imparare, per migliorare la propria esperienza”, aveva detto alla vigilia, e la sconfitta odierna può sicuramente tornargli utile. Anche se, oltre alla bella figura, si porta a casa ben poco. Il pensiero torna sempre lì, a quei turni di servizio di Djokovic da oltre 6 minuti l’uno (di media), a quelle benedette quattordici palle-break dissipate in sei giochi diversi, tutte scappate via: alcune per merito del serbo, almeno altrettante per colpa sua. Ne ha convertita appena una, quella che – pochi minuti dopo aver salvato due palle del 4-1 pesante – gli ha dato il 3-3 nel secondo set, ma si è presto rivelata vana, quando nel settimo game ha subito ricambiato il favore con tre gratuiti. Ha continuato a lottare come un forsennato, mostrando un’intensità che è già da top 10, ma la sua grinta è servita solo ad aumentare l’amarezza. Specialmente in un ultimo game da oltre dieci minuti, quando sono passate dalla sua Babolat altre quattro palle-break, infilate qua e là fra i tre match-point sprecati da un Djokovic via via sempre più frustrato. Due le ha mancate sbagliando col diritto, altrettante con errori di rovescio, e alla fine sì che è stato costretto ad arrendersi. La promozione è rimandata, ma il lungo applauso del pubblico all’uscita dal campo lo aiuterà a digerire la sconfitta. Girando la medaglia dall’altra faccia, c’è l’ennesima vittoria di robot Djokovic, al quale va dato atto, almeno nei punti importanti, di aver regalato il meno possibile, compatibilmente con il (poco) tennis che si è ritrovato nelle corde. Ma, per assurdo, sono proprio queste le vittorie che aumentano fiducia e autostima, come quella contro Gilles Simon a Melbourne, oppure contro Mikhail Kukushkin in Coppa Davis. Gioca male, soffre, sbaglia, ma vince sempre lui. E sapere di poter battere avversari forti (Thiem lo è già, e lo diventerà ancora di più) anche quando le cose non vanno affatto bene, è un vantaggio non da poco. Come se ne avesse bisogno…
 
MASTERS 1000 MIAMI – Ottavi di finale
Novak Djokovic (SRB) b. Dominic Thiem (AUT) 6-3 6-4

 
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