Marco Caldara
02 September 2016

Lo Us Open testa lo “shot clock” nei tornei juniores

La USTA inizia a testare l’orologio tanto famoso nel basket, per far rispettare i maledetti 20 secondi fra un punto e l’altro. Sarà presente nelle prove juniores dello Us Open: il countdown scatterà in automatico con l’aggiornamento del punteggio da parte del giudice di sedia. “Prima di lanciare qualcosa fra i professionisti – ha detto Stacy Allaster – servono test e feedback”. Ma i giocatori storcono il naso.

Negli anni recenti è uno dei temi che ha fatto discutere di più: le perdite di tempo dei giocatori fra un punto e l’altro. La soluzione è ancora lontana, ma qualcosa si sta muovendo. Lo conferma la scelta dello Us Open di testare nei tornei junior al via oggi il cosiddetto “shot clock”, l’orologio tanto famoso nel basket, che cronometra (alla rovescia) il tempo massimo che una squadra ha per tirare a canestro. Da tempo se ne ipotizza l’introduzione anche nel tennis, per fare in modo che i 20 secondi (o 25 a livello ATP) concessi ai giocatori per iniziare un nuovo punto dopo la fine del precedente diventino una regola a tutti gli effetti. Oggi l’assegnazione del “warning” per time violation è troppo soggetto alla discrezionalità dei giudici di sedia, così può variare da arbitro ad arbitro, da punto a punto. Fece scalpore nel 2012 uno studio firmato da ESPN, che calcolò che la finale da 5 ore e 53 minuti dell’Australian Open, vinta da Djokovic su Nadal, sarebbe durata la bellezza di 70 minuti in meno solo se i due giocatori avessero rispettato i 20 secondi. Da allora la tolleranza dei giudici di sedia si è abbassata, fino a generare casi come la famosa querelle Nadal-Bernrdes del 2015, ma la soluzione è ancora lontana. In media, gli esperti hanno stimato che le perdite di tempo si aggirano intorno ai 15 minuti in ogni incontro, e il giocatore più lento – addirittura degli ultimi 25 anni – è Rafael Nadal.

Non stiamo cambiando le regole – ha detto Stacey Allastar, che dopo aver abbandonato la poltrona della WTA per inseguire “nuove priorità” è diventata responsabile del settore professionistico della USTA – ma provando nuove tecnologie e aiutando gli arbitri ad abituarsi. Le prove junior sono ottime come incubatrice per le innovazioni. Prima di lanciare qualcosa a livello professionistico servono dei test, e il feedback dei giocatori”. Su ogni campo ci saranno due orologi, uniti ai tabelloni luminosi, con il conto alla rovescia lanciato direttamente dall’aggiornamento del punteggio. Mentre Darren Cahill ha detto di essere favorevole, al motto di “i giocatori si devono solo abituare”, John Isner la pensa in maniera del tutto differente. “Sono contrario – ha detto long John – perché mi piace prendermi il mio tempo. Penso che avere un orologio da tenere sotto controllo spezzi il ritmo, un servizio affrettato è un servizio sbagliato. Credo vada bene che il tempo sia controllato dagli arbitri: nel corso di un match, a volte, cinque secondi in più fanno comodo”. Dello stesso avviso Andy Murray: “ci sono troppi fattori che entrano in gioco. Un raccattapalle lento, il pubblico, sono cose che capitano. E influiscono sul tempo”. Innegabili anche le difficoltà di realizzazione: 20 secondi dopo un ace sono fin troppi, dopo uno scambio di 30 colpi, invece, troppo pochi. E tarare il cronometro punto dopo punto in base alla durata, ovviamente, aggiungerebbe solo un problema invece di risolverlo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA