BRESCIA - Era una sfida curiosa e affascinante. Un croato e un lituano, ma con l'Italia nel cuore e nella residenza. Nella seconda semifinale degli Internazionali Città di Brescia (43.000€, Play-It) l'ha spuntata Laurynas Grigelis, dando concretezza all'exploit di venerdì contro Andreas Seppi. Con una partita pressoché perfetta, il lituano ha superato Viktor Galovic col punteggio di 7-6 6-1, centrando la terza finale Challenger in carriera, seconda consecutiva a Brescia. Il feeling di “Grigio” con questo campo è sorprendente, tenendo conto che arriva da due tornei in Marocco, sulla terra battuta. Sono bastati un paio di allenamenti per ritrovare le sensazioni lasciate dodici mesi fa. “La superficie mi aiuta molto – dice Grigelis, dopo aver accontentato decine di richieste di autografi e selfie – è molto veloce, dunque posso sfruttare servizio e rovescio. Quando spingo, posso fare male. Ma soprattutto mi aiuta a non pensare: se devo essere aggressivo, un campo così veloce mi porta ad esserlo e dunque a giocare meglio. Su un campo più lento, invece, tendo a palleggiare”. Grigelis è stato impeccabile nei turni di servizio (zero palle break concesse) e perfetto nel tenere il prezioso minibreak costruito in avvio di tie-break. Perso il primo set, il croato si è disunito e nel secondo non c'è stata partita. Autore di un torneo straordinario (lunedì entrerà per la prima volta tra i 200 ATP), Galovic ha dato l'impressione di giocare “su una nuvola”, nel senso che gli riusciva quasi tutto. Quando l'incantesimo si è spezzato, ha fatto fatica a contenere un Grigelis scatenato. Dopo il matchpoint, come 24 ore prima, ha festeggiato con una giravolta, mostrando tutta la gioia per un risultato che lo rilancia e apre prospettive interessanti. Numero 183 ATP a vent'anni, la sua carriera era iniziata con ben altre premesse, ma l'agognato salto di qualità non è ancora arrivato. “Ho raggiunto molto presto il mio best ranking – dice Grigelis, che da un anno e mezzo si allena presso la Tennis Training School di Foligno – molti dicono che è arrivato troppo presto, ma non sono d'accordo. Forse mi sono gestito male io, forse le persone che mi stavano accanto potevano gestirmi meglio... ma continuo a ringraziarli, non è colpa di nessuno. È stata un'esperienza. A Foligno si lavora tanto. Io sono un po' lento nell'apprendere le cose, ho bisogno di tempo per assimilare i concetti. Forse, dopo un anno e mezzo, il lavoro sta iniziando a pagare”.