Ci rendiamo conto. Viviamo giorni difficili e non è facile parlare di tennis. Per niente. Da quasi un mese siamo ormai barricati tra le nostre quattro mura e ci deprimiamo con le notizie che arrivano ininterrottamente dall’Italia e dal mondo.
Stiamo vivendo situazioni finora soltanto immaginate in qualche scadente b-movie, e mai avremmo neanche ipotizzato di ritrovarci un giorno a viverle in prima persona. Tutto chiude, tutto rimarrà chiuso per chissà quanto tempo ancora. Triste, molto.
Il tennis, il nostro amato tennis, non fa eccezione. Prima la decisa e tempestiva cancellazione di Indian Wells. Poi quella un po’ meno spontanea di Miami. Quindi anche Monte Carlo ha dovuto alzare bandiera bianca. Prima della bomba atomica che avrebbe sconvolto il mondo del tennis per come lo conosciamo oggi: la decisione autonoma del Roland Garros di rinviare lo slam parigino all’ultima settimana di settembre e alla prima di ottobre. Con ripercussioni e strascichi nei rapporti tra Atp, Wta, Laver Cup, gli altri tornei dello slam e Federazione francese slam che minacciano di avere conseguenze negative anche per gli anni a venire.
E arriviamo così alla seconda bomba, quella di ieri delle ore 17 in punto: la decisione di Wimbledon di cancellare l’edizione 2020. Nessuna esitazione, nessun rinvio, nessun conflitto con gli altri attori del circuito. Appuntamento a tutti direttamente al 2021, con rimborso dei biglietti e annesso diritto di prelazione per l’anno prossimo. Decisione inappuntabile, che spiega una volta di più come Wimbledon non solo sia senza ombra di dubbio il più prestigioso torneo del mondo, ma come a livello di autorevolezza sia proprio un’altra cosa rispetto a chiunque.
Arriviamo così a noi. La cancellazione di Wimbledon potrebbe aprire a scenari finora impensabili. Intanto è arrivata a stretto giro di posta anche la decisione della sospensione di qualunque attività fino al 13 luglio. Ma a questo punto la domanda che inizia a serpeggiare tra tanti è la seguente: si giocherà ancora in questa stagione?
Domanda, se ci pensate bene, nient’affatto peregrina. Intanto perché stiamo vedendo come il virus non viaggia nel mondo alla stessa velocità. Quindi sarebbe assolutamente impossibile oggi prevedere quanto succederà tra 3 o 4 mesi. E poi – anche nell’ipotesi d’un rallentamento nella pandemia – la ripresa della vita non potrà essere che graduale. Nel rispetto di quella che tutti gli esperti stanno chiamando da giorni la “fase 2”, quella della cosiddetta convivenza con il virus. Ma per il tennis sarebbe possibile convivere con il virus? Assolutamente no, fin troppo ovvio. Troppi viaggi, troppi paesi con decisioni diverse in materia, troppi spostamenti di giocatori, team e appassionati. Cos’accadrebbe, ad esempio, se nel famoso Roland Garros di fine settembre anche soltanto uno spettatore risultasse contagiato? Per non parlare dei giocatori… Un rischio elevatissimo e francamente inaccettabile. Da qualche parte è stata ventilata l’ipotesi di una riapertura a porte chiuse… Ve la ricordate Italia-Corea di Coppa Davis? Ecco, no grazie.