Un passato e un presente simile, giocatori dal grande temperamento e ora coach di livello. I classe 1983 Simone Vagnozzi e Flavio Cipolla fanno un tuffo agli anni da giocatori, chiosando con pareri tecnici e tattici sui propri allievi. 'Simo' (così lo chiama Cipolla) e 'Cipo' (così lo chiamano tutti) stanno raccogliendo risultati di rilievo da allenatori, rispettivamente alla guida di Stefano Travaglia e Gianluca Mager. Quest'ultimi rappresentano anche due delle realtà più positive del nostro movimento, in salute non solo grazie ai successi di Berrettini e Fognini. In un'intervista in diretta Facebook su Sportface.it, i due coach partono col descriversi a vicenda facendo riferimento agli anni passati sul circuito: "Flavio è stato un giocatore estroso - racconta Vagnozzi - un po' particolare come modo di giocare. Sicuramente uno dei back migliori del circuito, una grande varietà di gioco. La qualità che lo contraddistingueva? Non mollare mai, era un cagnaccio. Se poteva vincere la partita la vinceva". Il trentasettenne di Ascoli Piceno si espone anche sulle sue migliori vittorie in carriera: "Ricordo con piacere i successi su Juan Monaco a Barcellona nel 2011, Dimitrov in un Challenger, Fognini e anche Wawrinka, che però era un po' più 'scarsetto' rispetto ad oggi". Medesima domanda rivolta a Cipolla, che non può non fare riferimento a Madrid 2011: "La vittoria su Roddick è al primo posto, sia per la caratura del giocatore che per il palcoscenico. Al secondo posto metterei quella su Wawrinka a Chennai nel 2009. Anche con Tursunov in Australia vinsi una grande battaglia, 7-5 al quarto, sempre nel 2009. Che tipo di giocatore era Vagnozzi? Molto intelligente - spiega il romano - rapido e furbo in campo. Il colpo migliore sicuramente la smorzata di dritto, forse la faceva anche meglio di me (ride, ndr)".
Spazio anche per un aneddoto singolare, raccontato con enfasi da Simone Vagnozzi e risalente ad uno dei suoi primi tornei satellite in Portogallo: "C'eravamo io, Di Mauro e Vincenzo Santopadre. Loro si fermarono ad un internet point per chattare, io andai in hotel - ricorda -. Alessio (Di Mauro, ndr) mi raccomandò di prendergli la borsa prima di salire in albergo, io non ero attentissimo, stavo parlando al telefono. Scesi dal taxi e mi dimenticai del borsone. Lui tornò dopo un'ora e pensò che lo stessi prendendo in giro. Mi misi le mani nei capelli, eravamo disperati. Passammo tutta la notte a cercare il tassista. In tarda serata riuscimmo a rintracciarlo. Scese, aprì la macchina e trovammo la borsa di Di Mauro che il giorno dopo avrebbe dovuto giocare".
Sempre Vagnozzi, ritornando a temi più tecnici, non ha dubbi che il passato lo abbia aiutato a crescere rapidamente come allenatore: "Le esperienze che abbiamo avuto da giocatori sono dentro di noi e sono importanti - afferma con chiarezza -. Man mano che facciamo il nostro lavoro tentiamo di aggiornarci e vedere come si allenano gli altri giocatori. Poi valutiamo cosa è meglio per i nostri allievi. A me già da giocatore piaceva vedere le partite, ho sempre pensato di fare questo lavoro. Ero quasi sicuro di riuscire a rendere meglio da allenatore che da giocatore". Su una diversa linea d'onda invece Cipolla: "Come dice Simone spesso ci siamo trovati a giocare da soli. Si vedeva che lui avrebbe fatto il coach. Io sinceramente non ci pensavo proprio, non pensavo al dopo. Non mi sono mai messo a riflettere ad una carriera da allenatore. Ho iniziato dopo l'infortunio, negli ultimi anni", conclude.