Dopo Cilic, solo in quattro - anzi cinque… - hanno sfiorato di poco l’ingresso nel club. Il primo è stato il canadese Milos Raonic, finalista a Wimbledon 2016, ma battuto inesorabilmente da Andy Murray. Fu un match deciso da pochi punti di differenza e da due tie-break (quello del secondo e terzo set, rispettivamente per 7 punti a 3 e 7 punti a 2) che Murray vinse di forza. Gli ace del canadese furono arginati da una quantità infinita di risposte in campo di un Murray in stato di grazia.
Mi piace pensare che anche Grigor Dimitrov, semifinalista all’Open d’Australia nel 2017, sia stato vicino dal diventare uno ‘slammer’. Il bulgaro, con una prestazione mai più ripetuta, mandò al manicomio niente meno che Rafael Nadal, dandogli del filo da torcere fino al 4 pari del quinto set. Pensando a come Federer (anche lui reduce da cinque set contro Wawrinka) ha poi interpretato e giocato la finale contro Nadal, viene difficile credere che Dimitrov potesse uscire vincitore contro lo svizzero. Ma è anche vero che Federer, affrontando Dimitrov, avrebbe avuto stimoli ben diversi, forse minori, e chissà come sarebbe andata a finire.
Il terzo, ma solo sulla carta, è stato Kevin Anderson, finalista all’Open degli Stati Uniti del 2017, ma asfaltato senza avere chance da un Nadal semplicemente mostruoso e ingiocabile. E finalista, il sudafricano, lo fu anche l’anno dopo a Wimbledon. Qui, nonostante la resa incondizionata a Djokovic, Anderson fu certamente penalizzato dalla semifinale maratona di 6 ore e 36 minuti per avere ragione 24-22 al quinto set di John Isner.
Il quarto è stato il russo Daniil Medvedev (uno dei due ancora in gara in questo singolare Us Open) che nell’ultima finale dell’Open degli Stati Uniti è riuscito a recuperare due set e un break di svantaggio contro Nadal, per poi mancare due palle del 5 pari al quinto prima di arrendersi per 6-4.
Il quinto e ultimo invece è stato l’austriaco Dominic Thiem (il favorito, sulla carta, per diventare il 150° vincitore Slam a New York), secondo a Parigi 2018, secondo a Parigi 2019 e secondo a Melbourne in questo scoppiettante inizio d’anno. Tre finali Slam, due perse contro Nadal e una contro Djokovic, non gli hanno tolto la convinzione di poter essere lui il 150° campione Slam della storia, in barba a Stefanos Tsitsipas, Daniil Medvedev e Sasha Zverev. Ora ha tutte le carte in regola per compiere l'impresa, incidere il suo nome tra i grandissimi e raccogliere idealmente l'eredità di una generazione eccezionale.