Il potere di una storia – qualunque essa sia – è quello di mostrare, insegnare, ispirare. Se si parla di storie di sportivi, poi, questo ideale ne viene ancora più rafforzato: lo sport è epica, ma molto spesso pure tragedia, sofferenza, sacrificio. Raggiungere un obiettivo non è mai una cosa semplice; del resto non si dice che il viaggio conta più della meta? Ecco, per un atleta il concetto aderisce alla perfezione – no pain, no gain, recita il saggio – e tutto quello che c’è dietro la costruzione e il successo di un campione ha un significato speciale e ineguagliabile: materia perfetta da raccontare, e da mettere sotto forma di sceneggiatura.
Così negli ultimi anni i documentari sportivi, sotto diverse spinte, sono diventati un genere a sé finalmente considerato, senza più nessuna preclusione né schizzineria – persino nei corridoi dell’Academy si è finiti a dire che sì, pure lo sport merita le sue statuette dorate (come è successo a Free Solo nel 2019). Le ragioni: la crescita e affermazione di piattaforme come Netflix e Prime Video, che nelle reciproche battaglie per la supremazia nel mondo dell’intrattenimento hanno dovuto spostare sempre più in alto l’asticella e raggiungere un pubblico sempre più esigente; e poi il fatto che molti atleti hanno colto l’importanza di una comunicazione diversa – aprirsi al pubblico e svelare il non-visto è sempre una buona idea, che sia guidata da ragioni di marketing oppure no.
Pure il racconto del tennis ha seguito questa strada, allontanandosi dal solco dei film ufficiali, prodotti stilisticamente impeccabili ma dalla resa un po’ troppo corporate. In anni recenti non sono mancate produzioni non convenzionali, come l’onirico John McEnroe, L’Impero della Perfezione, che scruta da vicino i guizzi dell’americano come fosse un animale mitico negli abissi dell’oceano; ma se dovessimo guardare all’insieme, non c’è dubbio che il racconto del dietro le quinte stia funzionando alla perfezione. Un vero e proprio genere che mette sul palcoscenico le debolezze umane, anche se stiamo parlando di campioni di successo – un tennis “intimo” che non avevamo mai avuto occasione di ammirare, e tastare, così da vicino.