dal nostro inviato a Mosca Enzo Anderloni
Era il punto del 3-2, del contro break per la russa, dell’inversione di tendenza di una partita che l’azzurra numero 25 del mondo stava portando via alla russa n.5. Una partita che Francesca Schiavone aveva affrontato con la necessaria aggressività, picchiando forte sin dal primo 15 quasi a voler far vedere alla quotatissima avversaria, semifinalista ai recenti Us Open, che non aveva paura di lei nemmeno a scambio aperto, in quelle battaglie di “catenate” che alla bionda Anna piace molto ingaggiare.
Subito 2-0 per l’azzurra, con l’avversaria che riapparigliava grazie a 3 doppi falli in un solo game della nostra (ma Francesca spingeva con decisione prima e seconda palla, rischiando) e set che rimaneva in equilibrio fino a un combattutissimo ottavo gioco che consentiva alla Chakvetadze di salire 5-3, prima di chiudere 6-4 in 39’.
Ma lo sforzo di Francesca aveva dato i suoi frutti. La n.5 del mondo era agganciata nel gioco e nel combattimento psicologico. Il secondo set era infatti un capolavoro italiano. Leonessa Schiavone prevaleva in ogni zona del campo. Autoritaria quando la si metteva sul braccio di ferro da fondo campo, deliziosa in più di una palla corta, capace di variare profondità, angoli e rotazioni meglio e più efficacemente dell’avversaria. Così la “Chakve” perdeva sicurezza e Francesca filava 5-2.
Momenti bellissimi che scaldavano il cuore anche nel frigorifero della Luznihi Small Arena di Mosca, dove il manipolo di tifosi azzurri, che si univa al tifo della nostra lunghissima panchina, veniva supportato anche da un colorito trombettiere, Emanuele Bisceglie, trentenne ex bersagliere di Garavina nelle Puglie che ha improvvisato con raro tempismo, squilli d’incitamento, sull’aria di “Dove sta Zazà”, (oppure di Rocky, o persino di O’Sole Mio”), “che a un certo punto sembrava portasse pure fortuna” ci ha spiegato.
Nonostante una fiammata di ritorno della russa, che recuperava sino a 5-4, il set andava all’Italia e di slancio anche i primi tre game della partita decisiva che sembravano così concretizzare il sogno della vigilia. La piccola ma agile, grintosissima Italia che partiva sgommando davanti al naso della Grande Russia corazzata.
Peccato. Una grande partita, una grande prestazione che ha confermato che la n.1 azzurra può giocare tranquillamente alla pari con le prime dieci del mondo, avendo tra l’altro a disposizione una varietà di bagaglio tecnico che anche splendide picchiatrici come la “Chakve” si sognano. “Dovrò lavorare ancora molto sul servizio – ha dichiarato, dopo aver definito il proprio rendimento sulla prima palla con un secco “Shit”, metafora preferita dal generale francese Cambronne.
Curiosa un’ammissione: dovendo giocare quella strana e decisiva palla a fil di nastro, non sapeva che avrebbe potuto anche toccarla oltre il nastro. Il regolamento infatti non consente di toccare il nastro, o di oltrepassarlo giocando al volo ma di superarlo con la racchetta sì, a patto che la palla abbia già rimbalzato nella propria metà campo. “L’ho imparato adesso, a 27 anni”, ha sorriso autoironica.