dalla nostra inviata a Castellaneta Marina, Roberta Lamagni
La grandezza dell’Italia rosa, perlomeno di quella a squadre, è ormai una certezza. Non più una piacevole sorpresa ma una realtà, dai tratti ben definiti: la grinta e la concretezza di Francesca Schiavone, la generosità e l’esperienza di Tathiana Garbin, l’equilibrio e l’incisività di Mara Santangelo, l’estro e il tocco di Roberta Vinci e infine, è bene non dimenticarla nonostante l’assenza in questa occasione, l’eleganza e l’esplosività di Flavia Pennetta.
Facile intuirne il motivo: la squadra detentrice del titolo, quella più volte additata dalle malelingue come la più fortunata, ribadisce sul campo la propria supremazia contro una superpotenza del tennis mondiale. Senza ritiri o falsi alibi, perché la formazione transalpina schierata in campo a Castellaneta è la migliore disponibile.
Aprono le danze Mauresmo e Santangelo, che sostituisce in extremis una Tathiana Garbin ancora dolorante al piede destro dopo la maratona della giornata precedente. La determinazione di Mara è commovente; sa bene che contro un’avversaria fisicamente più preparata prolungare lo scambio le sarebbe fatale, quindi decide di attaccare, di buttarsi a rete sempre e comunque. Non importa se sarà costretta a giocare di controbalzo “nella terra di nessuno” o a colpire schiaffi al volo all’altezza delle caviglie, la tattica recita “avanzare e chiudere”, e lei la esegue, a lunghi tratti anche magistralmente. Un primo set impeccabile, conquistato al tiebreak con volée accarezzate con la delicatezza di un angelo, illude il pubblico. La seconda frazione è una breve parentesi di respiro per la Santangelo e un’iniezione di fiducia per la Mauresmo, 6-0. L’epilogo mostra nuovamente bel gioco e spettacolo. Le atlete, fiaccate dai 44 gradi del campo, consumano ogni più remota riserva. Dopo 2 ore e 25 minuti la numero 1 francese assegna, con il punteggio di 6-4, il secondo punto alla propria squadra.
A contendersi l’accesso alla finale l’Italia schiera la doppista record Roberta Vinci (11 vittorie su 11 incontri disputati in Fed Cup) insieme alla donna di giornata, l’infaticabile gladiatrice Schiavone; Mara Santangelo, si saprà in seguito, è febbricitante. Ma questo poco importa al team azzurro che, come ama sottolineare capitano Barazzutti, “fonda la propria forza sul gruppo e sul grande equilibrio di valori”. Genio e solidità, ecco l’essenza della nostra coppia: ingredienti che, miscelati armoniosamente, producono la pozione di “finale Fed Cup”. Lo “svarione” del primo set delle nostre, agguantate dopo un 3 a 0 iniziale perentorio e superate con un 64, è solo un ritardare la festa. Si ha la sensazione che il “pescione” abbia abboccato e attenda di essere tirato in barca. E così è. Mentre le luci del giorno abbandonano Castellaneta Marina, facendo discutere alle compagini l’ipotesi di sospensione per oscurità, nel delirio più totale l’Italia agguanta con un 62 conclusivo l’accesso alla finalissima. 8 ore e 20 di gioie, fatiche, ovazioni e sofferenze festeggiate con i toni veraci dell’italianità… Jamme, jamme, jà, funiculì, funiculà! Anche questo è il bello del tennis…
L’altra semifinale
PER LE AZZURRE A SETTEMBRE C’E’ LA RUSSIA