
“Alla fine penso di essere stato anche un tantino fortunato – ha detto Thiem –, ma Murray è il numero uno del mondo, per batterlo bisogno approfittare di tutto ciò che passa. Ho giocato un tennis aggressivo e ho commesso pochi errori: è stata una gran vittoria”. Per Murray continuano le difficoltà: dall’inizio della stagione ha vinto solamente a Dubai, e il problema non è tanto che perde, o almeno non solo. Ciò che spaventa di più è il modo in cui le sue sconfitte arrivano, alla Murray pre-Lendl: body language spesso negativo, troppe parole al vento (e palle corte) e soprattutto una scarsa attitudine mentale a stare nel match, a lottare su ogni punto come se fosse l’ultimo, la qualità che l’aveva reso invincibile nella seconda parte del 2016, portandolo in vetta al ranking ATP. Non sbagliava quasi mai una scelta tattica, e nei momenti decisivi bisognava letteralmente sparargli per vincere un punto. Invece il match con Thiem ha mostrato (di nuovo) l’esatto contrario, a partire dal doppio fallo sul 2-3 che ha consegnato il break del 4-2 al rivale, fino ad arrivare all’insieme di errori dell’ultimo game. Nel primo punto ha rifiutato lo scambio giocando una smorzata facile preda del vincente di Thiem, sul 30-30 ha sbagliato di un metro un diritto tutt’altro che difficile, e sul match-point si è buttato a rete in fretta e furia su un attacco poco profondo, offrendo all’avversario un pallonetto fin troppo facile. Un mix di scelte sbagliate sinonimo di scarsa sicurezza nel proprio tennis, la peggior condizione per affrontare la superficie più dispendiosa, che per lui – malgrado gli enormi progressi compiuti nel corso delle ultime stagioni – resta anche la più complessa da addomesticare. Ivan Lendl non si vede nel suo angolo dall’Australian Open: potrebbe essere il caso di chiedergli un aiuto extra, senza aspettare il Roland Garros.

Il ricordo della finale dell’ATP di Vina del Mar è ancora vivo e fresco, nella memoria di Horacio Zeballos. Ma quello del 2013, che contro l’argentino rimediò una delle sue sconfitte più incredibili di sempre sulla terra battuta era un Nadal, quello del 2017 è ben altra cosa. E il loro re-match all’ATP 500 di Barcellona ha messo esattamente le cose in chiaro. Niente battaglia, niente tie-break, niente rimonta del sudamericano. Niente. Solo un comodo 6-3 6-4 per il maiorchino, che dopo la prima “decima” siglata a Monte Carlo ne annusa una seconda, e può preparare i muscoli per alzare al cielo i tredici chilogrammi del pesantissimo Trofeo Conde de Godò, pronto a finire nella bacheca del vincitore dell’ATP 500 di Barcellona. A tratti sembra davvero di rivedere il miglior Nadal: per fargli un punto servono i miracoli, e non sempre bastano. Se n’è accorto Zeballos, che in tutto il match è riuscito al massimo a guadagnarsi cinque palle-break, tutte prontamente cancellate dalla racchetta di “Rafa”. Le due più pericolose sono arrivate quando lo spagnolo ha servito per il primo set sul 5-3, insieme al gran passante di rovescio del 15-40. Ma Nadal ha fatto buona guardia sulla prima chiudendo il punto a rete, Zeballos ha mancato un rovescio sulla seconda e i problemi sono terminati lì. E la musica non è cambiata nel secondo set. L’argentino è riuscito a tenersi a galla fino al 4-4, salvando palle-break in due game diversi (e mancandone anche un paio sul 2-1), ma poi ha mollato la presa: doppio fallo, errore di diritto e addio sogni di gloria. Nadal giocherà domani la sua finale numero 106 nel circuito ATP: numeri da far rabbrividire anche un avversario di spessore come Thiem. Lo scorso anno a Buenos Aires ha vinto l’austriaco, ma vale lo stesso discorso fatto per Zeballos.
ATP 500 BARCELLONA – Semifinali
Dominic Thiem (AUT) b. Andy Murray (GBR) 6-2 3-6 6-4
Rafael Nadal (ESP) b. Horacio Zeballos (ARG) 6-3 6-4
