Il giovane prodigio palermitano si farà: a Madrid un’altra dimostrazione di forza, ma la strada è ancora lunga

In letteratura, le ‘epifanie’ altro non sono che i momenti di svolta della narrazione. Repentine folgorazioni circa qualcosa fin lì ignorato e tirato in ballo con il ricercato effetto sorpresa. James Joyce ne è stato uno dei massimi interpreti ma tutto poteva pensare, lo scrittore irlandese, meno che un secolo dopo tale tecnica avrebbe fornito spunti interessanti al tennis dei giorni nostri, spingendolo oltre quello oscurantista del “corri e tira” di recente memoria.
Un tennis approdato finalmente in un altro più illuminato perché prodigo di variazioni. Lo stesso degli Alcaraz , dei Rune e del nostro Jannik Sinner. Ma anche di quello in parte messo in atto da Federico Cinà in questi suoi primi passi nel circuito maggiore. Dico in parte, giacché, al di là dei grandi progressi mostrati, vedo ancora il teenager palermitano insistere troppo sulla pressione da dietro in luogo di un più fitto ricorso a soluzioni destabilizzanti come contropiede, smorzata e attacco in controtempo, tornati felicemente in auge quali salutari vie di fuga dagli scambi a oltranza.
Il giovane figlio d’arte attraversa quella fase di crescita in cui va trovato il giusto compromesso tra rendimento e completamento tecnico, un passaggio obbligato sul quale costruire, poi un solido stile di gioco. A molti potrà suonare come una bestialità, ma il confronto tra due tennisti equivale alla trama narrativa di un libro e il sottile filo che la sorregge dev’essere ricco di quelle epifanie che hanno fatto la fortuna di illustri romanzieri. E così come accade per la parola scritta, non vedo perché la fantasia non debba decretare il successo di un atleta dotato di tutti i requisiti.