Sorribes Tormo vuole riprendere la racchetta in mano dopo la diagnosi di depressione. Ennesima storia di salute mentale e sport

Sara Sorribes Tormo ha in programma di giocare il torneo WTA 125 a Colina, in Cile. Sei mesi fa aveva detto basta, non sapeva se temporaneamente o definitivamente, ma di certo aveva annunciato di volersi fermare per aiutare la sua mente e il suo corpo. “Non riuscivo nemmeno a mettere piede su un campo da tennis“, ha detto Sorribes Tormo, 29 anni da poco compiuti. “Mi svegliavo la mattina e pensavo che più ore avessi avuto prima di potermi allenare, meglio sarebbe stato. Entravo in campo e volevo andarmene subito. Andavo ad allenarmi e non duravo più di 10 minuti. Scoppiavo a piangere nel bel mezzo dell’allenamento”. Ed è così che le è stata diagnosticata la depressione. Malattia di cui, fortunatamente, negli ultimi anni si è parlato in maniera molto più aperta e che si lega, purtroppo, sempre di più allo sport.
L’ex numero 32 del mondo ha giocato la sua ultima partita alle qualificazioni della Billie Jean King Cup di aprile di quest’anno, in cui aveva vinto sia in singolare sia in doppio. In un’intervista a El Mundo però, la giocatrice spagnola ha dichiarato che, dopo aver perso la passione per questo sport, non era sicura di riuscire a tornare. Tutto le sembrava così difficile e lontano, si sentiva quasi completamente senza forze e non riusciva a fare altro che dormire tutto il giorno. Ogni volta che pensava di sentirsi meglio, aveva una ricaduta e aveva bisogno di ancora più riposo: “Mi stava uccidendo non divertirmi più, perché ho sempre amato il tennis e ho sempre giocato per cercare di migliorare. Ho perso quella passione. Volevo solo che le ore passassero. Era come arrivare per timbrare il cartellino. Non volevo essere lì. Non volevo andare ai tornei. Questo, unito a tanta ansia, ha reso le cose molto difficili“.
Una situazione insopportabile per Sorribes Tormo, che ha costruito la sua carriera sulla lotta e la resistenza in campo. “Era come se niente avesse senso“, ha detto a El Mundo. Poi fortunatamente le cose hanno iniziato a migliorare, grazie alla terapia, alla riflessione e a tanto lavoro su se stessa. Con una palestra allestita dentro casa ha continuato ad allenarsi e dopo la scoperta della passione per l’escursionismo è partita per intraprendere il Cammino di Santiago in solitaria – un’esperienza che definito come meravigliosa. Allontanarsi completamente dalla vita da tennista professionista si è rivelata la chiave vincente che le ha permesso di ritrovare la strada giusta per riprendere in mano questo sport. “Se le cose non vanno bene, se decido che non è questo che voglio fare, sono in pace”, ha detto la spagnola. “Perché so che ci sono altre cose là fuori, e le ho già sperimentate. So che Sara può vivere senza giocare a tennis, che mi piace molto la vita al di fuori di questo sport. Penso che questo sia fondamentale per iniziare. Quando porti meno pesi, ti senti molto più leggera”.
Un’altra storia di salute mentale che riempie le pagine del tennis e che deve far riflettere. Infatti, sono proprio di qualche ora fa le dichiarazioni di Ons Jabeur, che ai microfoni della WTA ha spiegato che è stato il tennis a portarla alla depressione, ma non si ritira. Quando il suo corpo e la sua mente saranno pronti tornerà a giocare: “sento di voler scegliere i miei tornei. Voglio che sia il programma ad adattarsi a me, non che io mi adatti al programma”. Al di là dell’ennesima stoccata al calendario sempre più fitto di tornei e sempre più contestato dai giocatori, quello che rimane è la precaria salute mentale degli atleti. Negli ultimi anni sempre più tennisti e tenniste hanno manifestato questa difficoltà: fece da apripista Naomi Osaka, a maggio del 2021, quando ritirandosi dal Roland Garros aveva parlato apertamente di depressione, rompendo il tabù. Da allora, in tanti si sono accodati – Badosa, Gauff, Swiatek, Rublev… – e ad oggi è diventato un tema molto dibattuto. Sorribes Tormo è l’ultima di una lunga serie ma la speranza è di trovare una soluzione e una migliore gestione della problematica che coinvolge ormai anche lo sport. E l’augurio per la spagnola – come per tutti gli altri – è che, prima ancora di rivederla giocare, possa stare bene.

