La prossima settimana il tabellone cadetto in vista dei Championships: tutto pronto sull’erba di Roehampton

Roehampton è un quartiere popoloso nel sud est di Londra. Un mix architettonico, tra antico e moderno, che, oltre a residenti d’ogni ceto sociale, vanta strutture sportive di grande spessore tra le quali spicca la Bank of England Sports Ground, sede ufficiale delle qualificazioni al torneo di Wimbledon. A dispetto di cotanto tennis, tuttavia, pare che in ambito club il cricket goda tacitamente di maggiore attenzione. Nessuno oserebbe ammetterlo, ma l’acro abbondante di cui dispone la dice lunga circa la sudditanza imposta all’interno del prestigioso sodalizio.

Senza lode né infamia invece, il tennis vivacchia, per buona parte dell’anno, tra doppietti aziendali imbastiti senza distinzione di genere, additato dai suoi detrattori come lo sport con una rete al centro e una palla a zonzo per il campo. 

Poi arriva tarda primavera e la forma più evoluta di quella che fu l’antica palla corda, non perde occasione per consumare, sotto gli occhi del mondo, la sua nobile vendetta. Accade intorno al solstizio d’estate d’ogni anno voluto dal cielo, quando le qualificazioni al più blasonato dei quattro major, finiscono col guadagnare l’interesse del mondo e tracimare, per l’intera settimana, di nomi affermati piuttosto che di possibili outsider o pronostici spesso sballati. È allora che gli spazi ad esso dedicati si spandono a macchia d’olio tant’è che anche il cricket è chiamato a trasformare il proprio acro in una zona relax bazzicata da tennisti beatamente sfaccendati o deambulanti a scarpe rigorosamente slacciate. 

L’ingresso è libero e i portatori sani di quella che qualcuno definisce come la grande libido del tennis, possono stravaccarsi a bordo campo e godere di uno spettacolo che a Wimbledon costerebbe un occhio della testa. C’è anche chi si predispone a pennello recando al seguito seggioline uso mare complete di morbido cuscino salva glutei. Sei giorni in cui l’ambiente tutt’intorno si anima di tendalini frangivento scevri da sponsor e di reti centrali tenute su da eleganti paletti in legno del Vermont. Su tutto, troneggiano seggioloni verde scuro ansiosi di ospitare impeccabili giudici di sedia.

A ridosso della vigilia, esperti del ramo rifanno il trucco ai prati tracciandoli, con fare assai pignolo, di righe bianche a prova di millimetro. È il tocco finale, la chicca che prelude alla discesa in campo della materia prima. Centoventotto assatanatiche, occhi negli occhi, fanno rotta su un main draw che non fa sconti a nessuno e apre l’uscio solo ai più audaci, i pochi in grado di infilare tre match in successione, di cui l’ultimo al meglio dei cinque set. Solo in sedici ne usciranno indenni, gli altri tutti a casa! 

E se l’indomani il sole farà bene il suo mestiere, la verde distesa sarà tutto un florilegio di figure biancastre mosse da passo felpato nel tourbillon di traiettorie per lo più contese tra attacco e passante, battuta e risposta. Qua e là, smorzate traditrici chiederanno il dazio di lunghe sgambate mentre, alto nel cielo, qualche lob ruffiano volerà spedito verso il suo apogeo prima che uno smash fortunato ne tarperà le ali. In un clima ovattato una mitraglia di dieci, cento, mille impatti la spunterà sulla quiete circostante mentre sui morbidi tappeti i piedi sembreranno averela sordina. 

Se invece piove, sono guai! Dentro, fuori!… E ancora dentro per riuscire ancora. Uno snervante viavai tra campi, spogliatoi e un’affollata club house, un lento dondolio che potrebbe prolungarsi a sfinimento, frantumando nervi e match per la durata di più giorni. 

Ma niente paura, fa tutto parte del gioco! È il giusto tributo dovuto da coloro che, invocando anche la dea bendata, aspirano ognuno a un proprio pizzico di gloria, magari da consumare su uno dei prati rigati di stanza in Church Road.