Manca sempre meno all’inizio dei Championships: chi riuscirà a spuntarla sull’erba dell’All England Club?

Molti la amano, qualcuno la odia, altri la dicono buona per le vacche! Dell’erba s’è fatto sempre un gran bel dire ma al netto delle ciarle, quella inglese conserva intatto il vezzo aristocratico della nobildonna, di colei che, solo ai più audaci, fa omaggio delle proprie grazie.
Una sottile seduzione, la sua, coltivata nel tempo grazie all’abbraccio indissolubile coi tanti capi giardinieri saliti al soglio dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, lungo l’arco di un secolo abbondante. Perché se per le erbacce incolte può bastare una zappa e qualche goccia di pioggia londinese, per il Loietto Perenne si richiede l’impiego di ben altre competenze. Soprattutto oggi che la graminacea ultimo grido regna incontrastata all’interno delle Doherty Gates, senza più quel 30% di Festuca che fino al 2001 ha dato man forte nella miscelatura ideale per il torneo di Wimbledon. È nel solco della tradizione dunque, che fiera scorre la complicità ultracentenaria tra il più blasonato degli appuntamenti racchettari e i venti specialisti in fili verdi malati di apprezzata pignoleria.
Artefici di cotanta cura, i custodi della perfezione si sono fatti, talora, anche promotori di sperimentazioni coraggiose, miscugli vegetali fatti a fin di bene e di cui poco si sa. Alcune di queste risalgono a tale Reginald George Stapledon, botanico di fama, meritevole del titolo di Sir. A lui si deve, a partire già dagli anni ’20, l’apertura coraggiosa a nuove semine, misture inedite che avrebbero cambiato il look ai parchi della Gran Bretagna e ai prati rigati di Roehampton, Queen’s e Wimbledon. Da allora, non c’è stato manutentore che non abbia attinto vere o presunte verità dal suo ampio sapere.
La più colorita si rifà a Robert Twynam, capo giardiniere in Church Road per oltre quarant’anni. Il suo interesse per il tennis non andava oltre i sei millimetri della rasatura ma fino a quell’altezza ne era un conoscitore come pochi altri. Quando nel ‘75 venne invitato a passare il testimone per raggiunti limiti d’età, il buon Twynam era in grado di assortire i tennisti in tipologie di riferimento, non tanto per questioni di stile quanto per i danni arrecati da questi ai suoi amati prati. Una sottile distinzione che vedeva gli ‘Strusci’ in cima a tutti: “Tipacci vestiti di bianco..”, diceva visibilmente contrariato,”.. che nella fase iniziale del servizio richiamano in avanti il piede posteriore fino a riunirlo col gemello in attesa. “Ripetuto alla noia», diceva, «..il gestaccio lascia un solco a mezza luna tanto netto da sembrare inciso a fuoco!». E in scia a tutto faceva i nomi di Jean Borotra e Jaroslav Drobny, quali portatori sani dell’imperdonabile viziaccio.
C’erano poi i ‘Pattini’, quelli che arrivando sulla palla scivolavano per una buona metrata. «… Per carità”, affermava portandosi una mano alla fronte,”.. pericoli pubblici!». E per ripicca muoveva lodi sperticate a Rosewall, Emerson e Kramer, impeccabili, a suo dire, nell modo di approcciare il colpo.
Chiudeva puntando il dito sulle ‘Zappe’: “ Irresponsabili..”, affermava senza ombra d’indugio, “.. che nei momenti d’ira scagliano la racchetta contro l’erba, neanche fosse un’ascia!”. Li avrebbe crocifissi tutti giacché in tal caso, i danni sarebbero stati tali da richiedere accurata sutura con toppe d’erba nuove di zecca e tanta passione per il mestieraccio.
Insomma una triplice verità tinta di verde, un intuito infallibile che assieme a zappe,rulli e rastrelli, il buon Robert avrebbe passato di mano per giusta pensione. Dopo di lui, altri capi giardinieri si sarebbero prestati alla perfetta riuscita dei blasonati Championships, ognuno calato nelle sue certezze ma nessuno saggio e intuitivo come quell’uomo che pregava il cielo per una giusta pioggia: non oltre le due ore!
Col nuovo millennio la svolta epocale:fuori la Festuca, dentro il solo Loietto a rasatura otto millimetri contro i sei della passata combinazione. L’innovazione avrebbe dato la stura a un gioco leggermente più lento, un tennis di manovra di cui l’erba sembrava orfana. «Sensazione errata», avrebbe detto Neil Stubley una volta insediatosi al comando del verde più famoso al mondo. Depositario anch’egli della sua verità, il nuovo specializzato in fili vegetali non avrebbe tardato a cogliere tutti di sorpresa: «Il nuovo taglio?”,esordiva di primo acchito, “ …non ha rallentato un bel niente! I campi godono della stessa velocità di sempre. Sono semplicemente più compatti poiché pressati da rulli più pesanti. Dunque”, chiudeva gonfiando il petto, “ restituiscono alla palla maggiore energia e dunque rimbalzi più alti e scambi più lunghi». Teoria condivisa anche da Martyn Falconer, capo giardiniere dei giorni nostri, ultimo chiamato a preservare il verde del più antico e seducente appuntamento racchettaro.
E con gli anni tutto è cambiato. Vintage è ormai lo stile serve &volley, a lungo dominante nel cimento voluto dalla Perfida Albione. Quello a tutto campo ne ha preso degnamente il posto e dopo iniziali resistenze, anche i puristi dell’attacco a tutti i costi hanno mostrato reale apprezzamento per la nuova veste assunta dall’erba. Tutto a gonfie vele, dunque, se tra tante certezze, sporadici dubbi non procedessero imperterriti ognuno per la sua tangente. Uno in particolare continua a rifarsi ai sei millimetri della vecchia rasatura. Un taglio che, pur strizzando l’occhio all’attacco cristallino, si è concesso cinque volte a Borg e una ad Agassi: campioni immensi ma senza la rete nel sangue. Mistero rimasto a tutt’oggi tale. Meno arcani sono sarebbero stati gli otto millimetri che molto più tardi avrebbero premiato Hewitt, Nadal e Djokovic con un gioco di continuità di spiccato rendimento.
Storie, misteri, presunte verità che la superficie verde ama affidare ai suoi solerti curatori. Quella di Stubley votata alla velocità immutata dei nuovi campi o l’altra dell’indimenticato Twynam, che ancora oggi avrebbe dato degli Strusci a Wawrinka e Berdych nonché del Pattino a Nadal. Di certo avrebbe lasciato McEnroe a dannarsi tra le Zappe per inserire nelle eccellenze il passo felpato di Federer e quello potente ma felino di Jannik Sinner e Carlitos Alcaraz.