Dovunq ue siate, oggi, alle 15.00, fermatevi un minuto a pensare a Federico. Alla sua vita di giovane, splendido atleta passata sui campi da tennis. Lì, sempre lì, da quando era un ragazzino molto promettente e sfidava i primi del mondo della sua età e li batteva. Lì con quel titolo iridato dei quattordicenni che ha regalato alla storia del tennis italiano, lì in maglia azzurra a lottare in Coppa Davis, lì al Foro Italico a inseguire il


Dovunq ue siate, oggi, alle 15.00, fermatevi un minuto a pensare a Federico. Alla sua vita di giovane, splendido atleta passata sui campi da tennis.
Lì, sempre lì, da quando era un ragazzino molto promettente e sfidava i primi del mondo della sua età e li batteva. Lì con quel titolo iridato dei quattordicenni che ha regalato alla storia del tennis italiano, lì in maglia azzurra a lottare in Coppa Davis, lì al Foro Italico a inseguire il suo sogno di diventare un grande. Lì in Serie A fino all’ultimo giorno a difendere i colori del suo club. Lì dove voleva essere per provare a risalire nella classifica Atp dove già era stato top 100. Uno tra i cento tennisti più forti del mondo.
Federico Luzzi era uno di noi, uno che inseguiva il sogno che c’è dentro ogni tennista. E lo faceva anche bene, lo faceva come tanti di noi avrebbero desiderato farlo. Pensare che non ci sia più, che non lo possa inseguire più, è insopportabile.
E’ per questo che fermarci un minuto, possibilmente in silenzio, a pensare a lui sarà doloroso. Ma è il minimo che noialtri si possa fare, oggi alle 15.00, quando il Duomo di Arezzo lo accoglierà per l’ultimo saluto. Per salutarlo, per essere vicino a lui, alla sua famiglia, ai suoi amici e a tutti quanti gli volevano bene.
Ciao Federico, ciao.





Nella foto, la squadra che ha vinto la Coppa Europa nel 2002. Da sinistra, Andreas Seppi, Potito Starace, Federico Luzzi, Max Sartori (capitano) e, inginocchiato, Simone Bolelli