Un giornalista americano propone lo spostamento in avanti del Masters. “Sarebbe il prologo ideale per la nuova stagione”. L’idea è affascinante ma non tiene conto di troppi fattori.
Tanti anni fa, il Masters ATP si giocava in gennaio. Poi, nel 1986, è tornato a una collocazione che ne giustifica il nome di “Finals”. E’ un torneo di grande prestigio, la massima applicazione dello spettacolo teatrale applicato al tennis. Tuttavia, è capitato in più di un’occasione che i giocatori arrivassero un po’ stanchi. In verità, quest’anno i “Magnifici Otto” sembrano tutti piuttosto motivati. E’ andata diversamente ai WTA Championships, in cui Victoria Azarenka si è presentata senza voglia nè motivazioni. E anche Na Li, pur brillante finalista, ha detto di essere in attesa delle vacanze. Prendendo spunto da queste argomentazioni, Ed McGrogan ha pubblicato un intervento sul sito di ESPN, in cui sostiene una tesi apparentemente folle: riportare il Masters a inizio anno, come accadeva negli anni 80. E unirlo al torneo femminile. A suo dire, un cambiamento di data restituirebbe credibilità al torneo, e sancirebbe con più vigore l’inizio della stagione tennistica, dacchè il tennis è uno sport dai confini temporali piuttosto sfumati. Inoltre, secondo McGrogan, i giocatori e gli appassionati mostrano segni di stanchezza sin dalla fine dello Us Opn. “I grandi appassionati guarderebbero Ferrer e Berdych che palleggiano sul ghiaccio nel giorno di Natale, ma la maggior parte del pubblico no. Sono pronto a scommettere che molti appassionati sentano la pancia piena già a settembre”. Inoltre, la qualità tennistica dei due Masters sarebbe inficiata dalla stanchezza dei giocatori, sia quelli più forti che quelli che hanno dovuto spingere fino all’ultimo per centrare la qualificazione (quest’anno è stato il caso di Angelique Kerber, Richard Gasquet e Stanislas Wawrinka).
Secondo McGrogan, il problema si risolverebbe se i giocatori affrontassero il Masters con un adeguato periodo di riposo. In effetti, la Finals si giocano senza soluzione di continuità con la stagione regolare. Per qualche anno, il calendario ATP prevedeva una settimana-cuscinetto da Bercy e il Masters, ma è stata cancellata in nome di una off-season più lunga. E allora, ecco l’idea: spostare il Masters in avanti, primo evento della nuova stagione, qualche settimana prima dell’Australian Open. “Il format del round robin permetterebbe ai top-players di mettere nelle gambe almeno tre match prima dell’Australian Open”. A suo dire, potrebbe sostituire le tante esibizioni che si giocane in quel periodo: Abu Dhabi, la Hopman Cup e il Kooyong Classic. Inoltre, un spostamento del Masters (che lui vede come evento combined) darebbe maggior respiro e visibilità agli eventi ITF di fine anno, le finali di Coppa Davis e Fed Cup “che in questo momento appaiono come ombre sfuggenti rispetto ai Masters di fine anno”. Il ragionamento conclude con la consapevolezza che incastonare un evento del genere nei tornei di inizio anno sarebbe molto difficile, perchè i tornei australiani hanno il loro calendario ben strutturato. “Ma si potrebbe spostarli avanti di una settimana e giocare il Masters a fine dicembre: anche per questo, tecnicamente, potrebbero conservare la nomea di campionati di fine anno”.
Il ragionamento è interessante, ma non tiene conto di troppi aspetti. Partiamo da quello economico. Un Masters combined, con uomini e donne nella stessa sede, avrebbe un grande fascino, ed è una soluzione storicamente auspicata da Rino Tommasi (che vorrebbe anche l'eliminazione diretta), ma è impraticabile come business. ATP e WTA incassano un mucchio di soldi dai loro tornei di fine anno. La WTA, addirittura, genera da Istanbul (e farà altrettanto da Singapore) il 40% del suo fatturato. E gli uomini non sarebbero contenti di dividere la torta anche nel Masters. L’idea di un combined, insomma, non sembra fattibile. In fondo, non era così nemmeno quando si giocavano entrambi al Madison Square Garden. Ci sono poi problematiche di calendario che McGrogan ha forse sottovalutato. E’ vero che negli anni 80 il Masters si giocava a gennaio, ma era l’epoca in cui l’Australian Open era a dicembre. Ovviamente gennaio era libero. Oggi, non solo è occupatissimo, ma l’Australian Open è sempre più forte. Dallo “switch” del 1986 (nell’anno solare si giocarono due Masters e neanche un Australian Open), sono cambiate molte cose. E il mese di gennaio è diventato pertinenza esclusiva dell’Australia, con qualche influenza del danaroso medioriente. Forse a Singapore si potrebbe giocare, ma non certo a Londra. E poi non si possono accomunare le esibizioni di Abu Dhabi e Kooyong, visto che si giocano a 10 giorni di distanza e non hanno alcun legame tra loro. E giocare un torneo così importante, a Londra piuttosto che in Sud America, a pochi giorni dalla trasferta australiana, sembra una follia. Insomma, l’idea è affascinante ma di difficile applicazione. Mettere mano al calendario ATP, tra l’altro, è molto difficile lo testimonia la mancata rivoluzione del 2014. Ne avevamo sentite di tutti i colori: tornei sudamericani a dicembre e Parigi Bercy spostato a febbraio. Non si farà nulla: troppi interessi, troppe complicazioni. E' impossibile fare la rivoluzione senza i guerriglieri.
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