Next Gen ATP Finals: fra presente di qualità e futuro incerto

Il Master riservato ai migliori under 21 al mondo ha fatto il suo dovere, accompagnando tanti giovani nell’élite e servendo da biglietto da visita a FIT e Coni per portare i big a Torino. Quest’anno all’Allianz Cloud i motivi d’interesse non mancheranno, ma ora che la transizione è avvenuta e l’Italia ha le ATP Finals, l’evento milanese rischia di non godere dell’attenzione che merita

Foto Ray Giubilo

1 di 3

Nel 2017 erano un esperimento che lasciava più di una perplessità, mentre a quattro anni di distanza si può dire che le Next Gen ATP Finals abbiano fatto il loro dovere, così come l’intera campagna Next Gen. L’aveva ideata l’ATP dell’allora presidente Chris Kermode, come mezzo per dare visibilità ai giovani col desiderio di riempire il potenziale vuoto generazionale del post Big Three. L’addio dei giganti non è ancora arrivato, ma i tempi – e i volti – sono cambiati e l’evento di Milano è stato fra i simboli della rivoluzione. Basta guardare l’attuale Race, che porterà i migliori otto del mondo a giocarsi le Finals (quelle vere) a Torino: sei dei primi dieci sono passati anche da Milano e un settimo, Alexander Zverev, era fra i qualificati della prima edizione, ma rinunciò perché riuscì a guadagnarsi un posto anche al Masters dei grandi. Vuol dire che a Milano la qualità c’è sempre stata e ci sarà anche quest’anno, per una quarta edizione che si avvicina un po’ in sordina. A 25 giorni dal via di martedì 9 novembre non si sa granché sull’evento, ma al pubblico interessano i nomi e quelli, al netto di qualche potenziale forfait, sono ormai praticamente definiti.

In testa alla Race to Milan c’è Jannik Sinner, che si gioca anche un posto per Torino, un po’ più lontano dopo la sconfitta agli ottavi a Indian Wells. L’altoatesino, che l’evento milanese l’ha conquistato nel 2019, mostrando di poter sul serio diventare un grandissimo, ha detto che se non dovesse conquistare un pass per il Pala Alpitour potrebbe giocare a Milano, ma l’impressione è che le chance di vederlo all’Allianz Cloud siano comunque poche. Idem per Felix Auger-Aliassime che lo segue in entrambe le Race: era qualificato sia nel 2018 sia nel 2019, e in Lombardia non si è visto. Difficile, dunque, pensare che partecipi quest’anno da numero 11 ATP. Ma anche nel caso in cui dovessero mancare entrambi, la qualità all’ex PalaLido resta altissima. Ci sono Carlos Alcaraz, che ha vinto un titolo ATP e raggiunto i quarti a New York; il figlio d’arte Sebastian Korda; il suo connazionale Jenson Brooksby che è arrivato agli ottavi allo Us Open; e soprattutto Lorenzo Musetti, pronto a diventare l’idolo del pubblico. In caso di assenza di Sinner, il toscano diventerebbe il primo azzurro a entrare di diritto nel torneo, dopo che negli anni scorsi agli azzurri era sempre servita una wild card. Un risultato simbolo del livello raggiunto.

Attesi a Milano anche il top-100 Brandon Nakashima (numero 7 della Race) e Holger Rune (numero 9), entrambi iscritti al Challenger di Bergamo la settimana precedente: un chiaro segnale del loro desiderio di esserci. Al momento è fra gli otto anche l’argentino Juan Manuel Cerundolo, vincitore dell’ATP di Cordoba, mentre al decimo posto c’è il tennis divertentissimo e infarcito di smorzate del francese Hugo Gaston. Avrà bisogno di qualche forfait, ma in termini di spettacolo la sua presenza aggiungerebbe qualcosa all’evento. E la storia insegna che spesso chi è arrivato a Milano a fari spenti ha poi avuto – e sta avendo – una grande carriera: nel 2017 Medvedev entrò da nono solo grazie al forfait di Zverev, così come Hurkacz l’anno dopo. Mentre nel 2019 gli occhi del pubblico non erano certo su Casper Ruud. Oggi, il russo è il più forte della nuova generazione, il polacco è a un passo dai primi 10 e il norvegese se li è già presi.

Mentre non ci sono più dubbi sul fatto che l’evento sia servito, ne resta qualcuno in più sulla formula e sulle contraddizioni del torneo, sempre costretto a fare i conti con i forfait di alcuni dei migliori. La colpa è del fatto che certi giocatori raggiungano entro i 21 anni un livello tale da non trovare stimoli nel giocare fra i Next Gen e, avendo già superato la fase da giovane in rampa di lancio, preferiscono guardare altrove. Il montepremi resta un incentivo importantissimo (Sinner nel 2019 ha vinto 372.000 dollari: cifra mai più vista in un colpo solo malgrado sia n.14 al mondo), ma è evidente che non basta. Tuttavia, trovare una soluzione è complesso. Si potrebbe pensare di abbassare l’età massima dai 21 ai 20 anni, ma c’è il rischio che finisca all’opposto, con giocatori troppo poco conosciuti. Tagliando i classe 2000 dalla Race, infatti, oggi l’ottavo qualificato sarebbe numero 243 del mondo. Troppo indietro per vestirlo da star anche solo per una settimana.

Un altro punto chiave è quello delle regole, in particolar modo dei set ai quattro game e del killer point sul 40-40. Quattro anni fa erano state presentate come sperimentali, ma il fatto che non siano state applicate altrove prova che la sperimentazione non ha funzionato, anche perché giocatori e pubblico hanno espresso – con dei questionari – parere contrario alle due modifiche regolamentari (mentre le altre sono meno impattanti sul gioco). Visti i risultati negativi, e anche il fatto che si rischia di far giocare con regole “da giovani” dei giocatori che fanno già parte a pieno titolo del tennis dei grandi, pare quindi un buon momento per ritenere terminata la sperimentazione. Oppure potrebbe aver senso pensare a qualche altra novità da testare, per ripristinare quell’elemento di curiosità che rese particolarmente interessante il torneo del 2017. Dopo tre edizioni nelle quali il feedback è stato sempre sostanzialmente lo stesso, vien difficile pensare che nella quarta possa cambiare qualcosa.

Le Next Gen ATP Finals hanno avuto un ruolo chiave anche nell’ottica dell’assegnazione all’Italia delle Finals vere e proprie. L’ATP ha toccato con mano la qualità organizzativa della joint venture FIT-Sport e Salute (ex Coni Servizi), e ha deciso di affidargli il suo evento più importante, non solo dal punto di vista sportivo. Tuttavia, proprio l’arrivo in Italia delle Nitto ATP Finals mette in discussione l’evento milanese, che fa da antipasto ma è talmente ravvicinato (la finale a Milano è sabato 13, a Torino si parte il giorno dopo) da pagare il peso del “gigante” in arrivo all’indomani. Inizialmente, oltre che su Roma gli sforzi di Fit-Coni Servizi erano tutti su Milano, mentre ora il discorso è diverso e molte risorse, non solo economiche, sono state giustamente spostate su Torino. Pertanto vien da chiedersi se ha senso che l’evento resti in Italia – dove dovrebbe giocarsi anche nel 2022 (il contratto era di cinque anni ma non si è giocata l’edizione 2020) – oppure sarebbe più valorizzato da un’altra parte. Probabilmente la seconda.

Da valutare anche la visione del progetto Next Gen da parte dell’attuale presidente ATP Andrea Gaudenzi, eletto nell’ottobre del 2019 ma ufficialmente in carica dal 1° gennaio 2020. Il progetto Next Gen l’ha trovato già avviato e quelle di quest’anno saranno le prime Finals del suo mandato. Non è scontato che l’ATP decida di portare ulteriormente avanti il progetto al termine del contratto con Milano, ora che il passaggio generazionale si sta ultimando. Tuttavia, Gaudenzi è un tizio intelligente e dalla visione futuristica, molto attento al mercato e alle nuove tecnologie. Per ora non ha messo mano al prodotto, ma, fin dalla sua elezione, ha dovuto fare i conti con altre priorità, e per il futuro non sarebbe così sorprendente se si inventasse qualcosa di diverso. Con l’augurio che possa rivelarsi ugualmente azzeccato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA