Il lavoro che stiamo portando avanti da circa un anno con Lorenzo Sonego è l’esempio di come partendo da dettagli apparentemente secondari, in realtà decisivi, si possano ottenere miglioramenti in grado di influire sull’intera carriera di un tennista: non solo per quanto riguarda l’evoluzione tecnica, ma anche sull’impostazione tattica e sulla programmazione. A patto, ovviamente, che tutto parta dalle motivazioni del giocatore.
La mia collaborazione con Lorenzo è iniziata nel marzo del 2019, appena dopo Miami, quando sono stato contattato da Gipo Arbino e Umberto Rianna. Volevano una valutazione sul potenziale di Lorenzo e hanno chiesto il mio supporto. Il primo passaggio è stato molto delicato, perché Lorenzo era di ritorno da Miami, doveva giocare alcuni tornei sulla terra e c’era poco tempo per intervenire. Le sue armi principali sono il diritto e soprattutto il servizio, quindi quello che considero ancora un work in progress è partito proprio da lì.
La prima valutazione è stata che occorreva renderlo più stabile con il corpo durante l’esecuzione del servizio, lavorando sulla visualizzazione ottimale dell’impatto (foto numero 4). Occorre infatti controllare bene visivamente l’impatto per ottenere una buona decontrazione muscolare e raggiungere il giusto equilibrio sulla palla. Il problema di Lorenzo (foto numero 5) era che con il corpo ‘entrava’ troppo, ritrovandosi a impattare la palla dietro la testa. Questo lo portava a gestire male direzione e velocità, soprattutto sotto stress. Quando la partita arriva al momento chiave si fa più fatica a servire. Subentra la stanchezza, il giocatore si adatta a eseguire movimenti non idonei, e la mancanza di decontrazione e fluidità va a scapito di velocità e precisione.
Per questo è fondamentale avere una corretta visualizzazione della palla sia in partenza sia al momento dell’impatto. Una volta curato questo aspetto Lorenzo ha ottenuto di rimanere più stabile, con il vantaggio di poter recuperare prima il piede per caricare più velocemente il movimento successivo. Subito sono arrivati i quarti a Marrakech e Monte Carlo, e questo gli ha regalato fiducia nel lavoro che stavamo facendo.
Poi si è trattato di mettere insieme tutti i pezzi.
Ci siamo ad esempio accorti che durante la preparazione Lorenzo era in ritardo con il braccio destro (foto numero 1). Bisognava dunque accorciare il movimento, per portarlo subito in posizione al momento del massimo carico. Lorenzo, anche a causa della sua conformazione fisica, muscolarmente è abbastanza ‘lasso’, cioè rischia di scomporsi facilmente (il contrario di Andreas Seppi, che invece è rigido e ha bisogno di molto stretching per trovare fluidità). Quando arrivava al massimo carico esagerava con la torsione, si squilibrava.
L’ obiettivo (foto numero 2) era di portare la racchetta più in alto al momento del massimo carico, e allo stesso tempo di unire prima i piedi, allo scopo di spingere meglio in verticale. Il ritardo della parte superiore e inferiore del corpo gli dava infatti poco tempo per portarsi verticale e spingere. Per questo era necessario che la racchetta rimanesse più vicina alla testa (foto numero 3). Il suo movimento originario comportava una torsione esagerata: la racchetta si ‘apriva’ verso l’esterno, quasi ribaltandosi, e quando Lorenzo la recuperava per ottenere spinta verticale era costretto ad ‘entrare’ con la testa, mentre la racchetta restava indietro.