Per esperienza, maturità e classifica, la seconda da tenere d’occhio è Anastasia Pavlyuchenkova, finalmente in semifinale al suo cinquantaduesimo (!) torneo del Grande Slam. Ci era andata vicino la prima volta proprio a Parigi, nel 2011, arrivando a condurre per 6-1 4-1 contro Francesca Schiavone prima di crollare. Ce l’ha fatta dieci anni e svariati tentativi più tardi, vincendo un quarto nervoso contro la sua compagna di doppio Elena Rybakina grazie a una condizione fisica a suo dire migliore rispetto all’epoca, e anche all’ausilio di uno psicologo dello sport. L’ha aiutata a lasciare certe debolezze negli spogliatoi e a trovare la chiave per far coesistere le sue due anime: quella gentile ed educatissima, che la rende una delle più apprezzate dalle colleghe fuori dal campo, e quella aggressiva che scatta dopo il “ready, play” pronunciato dal giudice di sedia.
A detta di qualcuno era troppo buona per poter diventare davvero una big, ma a quasi trent’anni è più vicina che mai a un titolo Slam. Per fare un altro step dovrà battere Tamara Zidansek, slovena, 23 anni, mai nelle prime 50 del mondo. Ce la farà con la semifinale a Parigi, dove fra 2019 e 2020 aveva perso al primo turno mentre stavolta sta vivendo le due settimane della vita, iniziate con una furibonda rimonta contro Bianca Andeescu (6-7 7-6 9-7) e passate da un’altra vittoria a oltranza ai quarti di finale, 8-6 al terzo contro la spagnola di Manhattan Paula Badosa Gibert.
Completa la lista delle semifinaliste inattese la 25enne ceca Barbora Krejcikova, una che di Slam ne ha già vinti cinque ma solo fra doppio e doppio misto (compreso il Roland Garros del 2018 con Katerina Siniakova), arrivando al numero uno della classifica mondiale di specialità per poi rendersi conto che poteva combinare qualcosa di interessante anche senza una compagna con cui dividere campo e responsabilità. Proprio quelle responsabilità che l’avevano condotta verso un crollo emotivo alla vigilia della sfida degli ottavi contro Sloane Stephens: non era nemmeno certa di scendere in campo, poi si è rifugiata nello stanzino del fisioterapista a parlare con la sua mental coach, che le ha dato la forza di giocare e vincere, e poi anche di ripetersi nei quarti contro la baby star Cori Gauff, stavolta bocciata ma destinata a una lunga serie di promozioni con lode.
Così in semifinale c’è lei, al quinto Slam in carriera, preparato vincendo il piccolo WTA di Strasburgo e già andato ben oltre le aspettative quando al terzo turno ha fatto fuori Elina Svitolina. Sulla carta doveva fermarsi lì, invece ha vinto, poi ha messo al tappeto altre due avversarie e ora sogna a occhi aperti un’impensabile doppietta, visto che è ancora in corsa anche nel suo amato doppio. Dal punto di vista fisico può diventare un problema, ma da quello mentale è senza dubbio un aiuto, per non pensare solo al singolare e al fatto che fra le quattro rimaste in gara è pur sempre l’unica a sapere come si vince uno Slam. Difficilmente basterà, ma quando c’è di mezzo il tennis femminile le previsioni si rivelano puntualmente sbagliate. Dunque meglio limitarsi a guardare, senza farsi troppe domande, e che vinca la migliore. O la meno peggio, visto che stavolta delle migliori non c’è neanche l’ombra.