Tara Moore può tirare un sospiro sollievo: un tribunale indipendente ha stabilito la sua innocenza nel caso di doping che l’aveva vista coinvolta lo scorso anno. Dopo 19 mesi di stop può tornare in campo a partire dalla prossima stagione

Giustizia è stata fatta per Tara Moore, un regalo di natale tanto inaspettato quanto – per certi versi – beffardo per l’ingiustizia subita. La tennista britannica era infatti stata sospesa 19 mesi fa a seguito di un test antidoping durante il WTA di Bogotà. Il comunicato dell’ITIA, l’agenzia internazionale per l’integrità del tennis, racconta di come “I risultati analitici avversi per sostanze non specificate comportano una sospensione provvisoria obbligatoria“.

Nella giornata di ieri la tanto attesa buona notizia. Un tribunale indipendente ha infatti assolto Moore da ogni tipo di accusa e riabilitata con effetto immediato al ritorno alle competizioni. Il tribunale ha infatti stabilito che la sostanza trovata nei campioni della giocatrice britannica era riconducibile a carne contaminata, pertanto non sussiste alcuna colpa o negligenza da parte della stessa. Una sentenza che permetterà a Moore di scendere in campo per l’inizio della prossima stagione, ma che lascia anche profondi dubbi sulla gestione di questo tipo di casi.

Nel momento dello stop forzato la Moore era numero 83 al mondo ed era la tennista britannica più alta nel ranking di doppio, fermata all’apice della sua carriera e che produce un danno morale, economico ed etico difficilmente quantificabile. Sui social ha espresso tutto il suo rammarico per l’intera vicenda, per questi 19 mesi persi che nessuno le restituirà.

Sempre tramite X, Moore ha ricevuto il sostegno e supporto da parte di Judy Murray. L’ex tennista scozzese ha ripubblicato il messaggio di Moore e ha voluto dare il massimo supporto alla tennista britannica. “19 mesi sono un tempo lungo da perdere in qualsiasi fase della carriera di una giocatrice e non puoi dare un prezzo allo stress emotivo e finanziario impiegato nel riabilitare il tuo nome“.

Da capire adesso se Moore vorrà intentare una causa per vedersi riconosciuti i danni morali, per una sospensione preventiva obbligatoria patita da innocente. Il caso di Moore è soltanto l’ultimo che lascia diversi dubbi sulla gestione dei test antidoping, così come sui regolamenti che potrebbero essere rivisti e dare più valore a quella “presunzione d’innocenza” che non sembra essere considerata.