Le parole di Jannik Sinner hanno sapore di ambizione e di mentalità dopo la sconfitta contro Alcaraz

È andata come ci si sentiva dovesse andare. Chi ha seguito con attenzione gli US Open dall’inizio, lo sa. L’ex numero 1 del mondo è andato in calando, il nuovo numero 2 ha tenuto un livello altissimo costante. Sinner ha giocato in finale la peggior partita del suo torneo, Alcaraz ha soltanto completato un cammino che era segnato. Sinner è tornato a servire come agli inizi della sua carriera, cioè senza la prima, Alcaraz non ha mostrato alcun punto debole. È andata come era giusto andasse.
Jannik Sinner ha giocato da Jannik Sinner soltanto nei primi due match point. Per tutto il resto della partita non si è mai nemmeno lontanamente avvicinato al livello delle due precedenti finali Slam contro Carlos Alcaraz, al Roland Garros e Wimbledon. E non credo sia esagerato dire che la sconfitta era già tutta dentro al break subito nel primo gioco. Un Sinner sempre di rincorsa, sempre in affanno. Errori su errori, e un Alcaraz poderoso e preciso, che ha giocato benissimo e che ha perso un set, il secondo, quasi per caso.
E adesso? Adesso per tanti italiani che hanno scoperto il tennis grazie a Sinner, ma che ancora non hanno capito di che cosa si tratta, il loro beniamino è già un giocatore finito, viziato e strapagato. Nei social imperversano le idiozie.
Adesso, invece, continuerà comunque l’annata strepitosa di Jannik Sinner, perché sì, ha vinto “solo” due tornei, Australian Open e Wimbledon, vittorie che valgono una carriera intera. E l’annata continuerà con la saggia consapevolezza di questo ventiquattrenne, che a fine partita avrebbe potuto campare scuse su scuse, come fanno tanti, e invece ha detto che deve imparare a uscire dalla sua zona di conforto, variare di più il suo gioco, tentare cose nuove, magari perdendo qualche partita in più, ma provando ancora a crescere. Perché così parlano i fuoriclasse. Uno che quest’anno è arrivato in finale a tutti e quattro gli Slam, e due li ha pure vinti.
Roberto Ferrucci è nato a Venezia (Marghera) nel 1960. Ha esordito nel 1993 con il romanzo “Terra rossa”, pubblicato da Transeuropa, e in quegli anni ha scritto spesso per “Il Tennis Italiano”. Il suo ultimo libro “Il mondo che ha fatto”, che racconta la sua amicizia con lo scrittore Daniele Del Giudice, è stato pubblicato nel 2025 da La nave di Teseo e candidato da Claudio Magris al Premio Strega. Scrive per i quotidiani di Nordest Multimedia e su La Lettura del “Corriere della Sera”. Dal 2002 insegna Scrittura creativa alla facoltà di Lettere dell’Università di Padova, conduce laboratori di scrittura in Italia e Francia. Per Helvetia Editrice dirige la collana “Taccuini d’autore”.

