Il tennista azzurro ha parlato dopo la bella vittoria su Shelton nell’ultimo match della fase a gironi alle Atp Finals.

Foto di Felice Calabro
TORINO – La partita non contava più per il torneo, ma Sinner l’ha affrontata e risolta con il solito piglio da schiacciasassi. Contro Shelton è arrivata l’ottava vittoria di fila alle Finals (tutte in due set), la ventinovesima consecutiva sul cemento indoor – raggiunto al quinto posto dell’era Open il Federer del 2010/12 – e aggiungiamoci anche l’ottava palla break annullata su otto in questa settimana e il quindicesimo tie break vinto nella stagione su 18 (Alcaraz è stato l’unico a batterlo nel 2015 in questo particolare segmento di partita).
Ecco, partiamo dal primo posto in classifica che lo spagnolo ha appena sottratto ufficialmente al nostro campione. «Non posso certo dire di essere felice di non essere più numero 1 – le parole di Jannik – però sono contento per Carlos, ha giocato una stagione straordinaria e si merita questo riconoscimento. E in vista del 2026, questa per me è una spinta in più per migliorare». Anche contro Shelton la battuta ha funzionato alla grande e Sinner piomba in semifinale senza aver mai perso il servizio.
«Penso di aver giocato un ottimo incontro, sono rimasto concentrato, finora mi sono sempre riuscite le scelte giuste. Il servizio ha funzionato bene, è un colpo sul quale stiamo lavorando tanto, speriamo di continuare così». Domani alle 14.30 è in programma la tredicesima sfida con De Minaur (considerando anche il primo incrocio, nelle Next Gen del 2019) e finora Jannik ha sempre vinto. «E’ vero,ma ogni partita può essere diversa (questa l’avevamo già sentita e non ci crediamo troppo, ndc) ho tanto da perdere, mi aspetto un match molto fisico».
Le cose più interessanti, Sinner le ha riservate alla Coppa Davis, che quest’anno non lo vedrà in campo nelle finali di Bologna della prossima settimana, sposando anche la tesi illustrata ieri da Alcaraz. «Con la Davis inserita in questo calendario di tornei, credo sia difficile poter contare ogni anno sulla partecipazione dei migliori giocatori – le sue parole – anche a me piacerebbe che la coppa fosse organizzata ogni due anni, magari con le semifinali all’inizio della stagione e il match decisivo alla fine, in casa di una delle due squadre. Purtroppo io non ho giocato la vera Coppa Davis, non ho affrontato trasferte in posti come Argentina o Brasile, dove senti tutto lo stadio che tifa per i tuoi avversari. Certo, noi italiani siamo fortunati, giocheremo per qualche anno in casa e avremo tanto tifo a nostro favore, ma se nel 2026 in finale andassero, per esempio, Australia e Stati Uniti, ospitare una partita così a Bologna non avrebbe l’atmosfera che una sfida simile meriterebbe».

