dal nostro inviato a Roma Enzo AnderloniSi stava ancora discutendo al Foro Italico dei fischi a Nadal ed ecco che sono arrivati i fischi a Federer

dal nostro inviato a Roma Enzo Anderloni

Si stava ancora discutendo al Foro Italico dei fischi a Nadal ed ecco che sono arrivati i fischi a Federer. Si era sul 7-6 4-1 per Radek Stepanek, nel match dei quarti di finale. L’ennesimo rovescio steccato malamente e il principe azzurro del tennis si sentiva commentare dai sibili del pubblico romano. Anche lui, persino lui.
A Nadal, tre volte campione a Roma, mercoledì non si perdonava quel tennis a velocità limitata che aveva fatto grande l’avversario, Juan Carlos Ferrero. Lo volevano veder vincere e invece perdeva il povero Rafa. Il suo rendimento non era quello che vale la palma di migliore terraiolo di tutti i tempi. Ma che ne sapevano i 9.000 dello stadio Pietrangeli di quella vescica sanguinante, grossa come una moneta da due euro, sotto il piede destro? Rafa giocava male ma era già un miracolo che fosse sceso in campo. Quindi i fischi proprio non li meritava.
In verità non li meritava neanche Federer contro Stepanek ieri. E’ vero, dopo il primo tie-break perso, i rovesci steccati sono diventati più d’uno, ma venivano come conseguenza dell’aggressione continua del giocatore ceko, che ha vissuto la sua giornata di grazia. C’è chi le definisce “partite della vita”. Chi, come il poeta del cabaret David Riondino, questi momenti unici e irripetibili li chiama “sgurz”. Ieri Radek era più Roger di Roger. E quando sono piovuti i primi fischi su Roger, sarebbe stato giusto convertirli in applausi all’avversario.
Radek Stepanek, 30 anni in novembre, non è né un tipo fotogenico, né un modello di simpatia. In campo è inelegante: sputa per terra di continuo. Non ha nemmeno uno sponsor per la racchetta. La sua Volkl è pitturata di rosso per renderla neutra, sulle corde una sigla, RS, che non è il logo di un’azienda ma le sue iniziali, tracciate a pennarello. Però gioca a tennis da dio e ha carattere. Nel suo repertorio c’è tutto: prima di servizio piazzata a 200 all’ora, seconda carica d’effetto che sulla terra s’impenna e ti costringe a colpire sopra le orecchie. Diritto piatto profondo e potente, rovescio bimane anticipato e sicuro, rovescio in back a una mano tagliente, che non si alza da terra. Volèe sicure. Non a caso è stato n. 8 del mondo (nel 2006). Poi ha c’è da dire che ha l’animo del combattente.  Al secondo turno aveva fatto fuori Ferrer , n.5 del mondo, un osso durissimo sul rosso. Oggi si è visto dal primo punto che era sceso in campo per vincere, senza timori reverenziali, con il n.1. Aveva un  piano. Servire forte e rischiare, scendere a rete appena possibile. Non dare ritmo e cercare la profondità, il punto più rapidamente possibile. Gli è riuscito tutto. Un’alta percentuale di prime palle, botte da fondo di piatto veloci e profondissime, giocate in back che non sia alzavano da terra, attacchi profondissimi seguiti da eccellenti coperture della rete. Un tennis alla Federer, quando Federer gioca da n.1.
E il vero Roger ha retto, difendendo i suoi turni di servizio prima di crollare al tie-break e finire sotto 1-4 nel secondo set, depresso. Sembrava non ci fosse niente da fare: Stepanek non dava occasione di “rientrare in partita”, come si dice in gergo.
Poi i fischi. Uno scossone sul piano morale. Due colpi rabbiosi andati a segno e una risalita dall’abisso che sembrava impossibile. I fischi erano ingenerosi: non era Roger che giocava male. Era Radek che giocava da dio ogni punto e lo sottolineava con gran pugni agitati a testimoniare la determinazione di portare a casa la partita della vita. Che lottatore, lo scorbutico Radek! Un carattere che i colleghi non amano ma piace alle ragazze. A Martina Hingis è piaciuto fino a pochi mesi fa. Adesso piace alla bellissima Vaidisova.
A Roger federe quel caratteraccio fa schifo. E non è un caso che fosse furibondo nella conferenza stampa dopo- match. “E’ una sconfitta che fa male – ammetteva.- Una brutta sconfitta. Ho giocato male i punti importanti, ho sprecato occasioni”. Si vedeva che gli rodeva da morire aver perso quel match che sembrava aver raddrizzato rilasendo da 1-4 a 6-6, fino a condurre per 5-2 nel tie-break. Ma Radek voleva a tutti i costi essere Roger almeno per un giorno. E c’è riuscito, con una prestazione straordinaria. Contro uno così, quando gioca così, si può anche perdere. Anche se fa male vederlo esultare.

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