Cadremo ancora. Ci rialzeremo ancora. Con Roger

Il "nostro" biblista Ludwig Monti ci regala una riflessione sulla capacità di risollevarsi e superare gli ostacoli che ci propone la vita e lo sport. Il protagonista è Roger Federer, gli spunti arrivano da Qohelet

Foto Ray Giubilo

Le giornate si allungano, la primavera ci visita precocemente, ma ecco una gelata repentina. Roger ha comunicato di essersi operato in artroscopia al ginocchio destro: appuntamento in campo per la stagione sull’erba, in preparazione a Wimbledon. Ci vediamo “in no time”, tra un attimo, gli ha risposto l’immenso Rod. Dopo qualche ora di sconcerto per questa notizia, e soprattutto per la prospettiva di non vederlo danzare in campo per più di 100 giorni, mi sono tornate alla memoria le parole di un vecchio monaco del IV secolo:

“Abba, cosa fate qui nel deserto?”.

“Cadiamo e ci rialziamo, cadiamo e ci rialziamo, cadiamo ancora e ci rialziamo ancora…”.

Cadiamo ancora e ci rialziamo ancora. Questa volta sarà dura, più dura. A quasi 39 anni, senza contare il crollo nel ranking (3180 punti!), ci si chiede: tornerà davvero? Come tornerà? Si ritirerà a ottobre nel giardino di casa, a Basilea? Ma queste cose le hanno già scritte altri, compresa l’utopia che la pausa forzata gli servirà ad allungare la carriera.

Cadiamo ancora e ci rialziamo ancora. Sì, il Magnifico può farlo. Non credo sia più in grado di ingannare il tempo – anche se Paganini può ripetere miracoli, eccome! –, ma può insegnarci a ripartire ancora una volta. “Mi sono rialzato, e sono ancora con te”, canta il salmo 139. Sì, occorre crederci, pur senza illusioni. Forse questa è un’occasione per risvegliarci, anche noi, e fare i conti con il limite, con la fine, con il dopo Roger. Per l’ennesima volta! Certo, ci sono stati i lunghi mesi del 2016 senza di lui, ma dopo il suo ritorno ci ha estasiati e condotti fuori di noi ancora una volta. Ci siamo rialzati ancora, abbiamo gioito ancora e ancora, illudendoci che fosse, se non per sempre, ancora per molto.

Ma basta con il sempre, il poco, il molto, il troppo! Cioè con i ragionamenti sul tempo, sempre lui, misterioso enigma! Mettiamocelo nella testa e anche nel cuore: è ora di goderci quello che resta, di gioire delle perle che verranno. Senza più calcoli, come di fronte al sole che sorge, come a un pasto allegro in riva al mare, in un tramonto di fine estate. Carpe diem? Forse, anche se pare un po’ banale, troppo citato.

Preferisco rifugiarmi nelle parole del mio amico Qohelet, sublime libretto biblico di cui vi parlavo un mese fa. Tra l’altro, anche se non credo alle coincidenze, la notizia mi è giunta mentre commentavo il congedo alla vita di questo sapiente, la sua descrizione della vecchiaia e di ciò che le segue… “Tutto è un soffio, un infinito soffio”, ripete Qohelet come ritornello a lui carissimo, anche nel saluto finale. Va bene, anche uno Slam lo è (ma un venticello dal cielo avrebbe potuto soffiare sul Centre Court il 14 luglio scorso, al momento dei match point!!!). Messaggio ricevuto. Godiamoci però questi soffi, insieme al Re, soffi udibili anche nel sibilo della palla da lui accarezzata, assolutamente unico dal vivo. Certo che una sua volée o un suo rovescio lungo linea durano un attimo, ma come sarebbe la vita senza la possibilità di goderne? Tutto passa, ma c’è modo e modo di passare.

Cadremo ancora. Ci rialzeremo ancora. Con Roger. Fino a quando verrà l’ora del riposo dell’artista guerriero. Se ne riparlerà al momento opportuno. Nessuna preoccupazione, solo stupita gioia per quanto nel frattempo ci verrà donato. “Allontana la malinconia dal tuo cuore”, diceva ancora Qohelet, senza sapere di rivolgersi ai tifosi del Genio.

Io, intanto, ho rinnovato il mio atto di Federer: avevo già tre biglietti per Halle, ne ho comprato un quarto la sera stessa dell’annuncio di Roger. Ci vediamo il 16 giugno, tra un attimo.

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