Dieci regole per battere l'astinenza da tennis (e da Federer) durante la quarantena

Il nostro biblista Ludwig Monti ci suggerisce un decalogo di esercizi di resistenza (tennistica) in questo difficile periodo di autoisolamento

Foto Ray Giubilo

Resistere. Il verbo per eccellenza in questo tempo di quarantena di cui non s’intravede la fine. Verbo da declinare in tanti modi. Resistere e tentare di rinnovare un atto di fiducia nella vita, in quest’ora tragica. Nel forzato isolamento scopriamo cose nuove di noi e di chi ci è vicino. Desideriamo abbracciarci, ridefiniamo priorità, abbiamo nostalgia di piccole e grandi cose normali.

E tra queste cose, con tutto il rispetto per chi sta combattendo la battaglia per la vita, c’è anche il tennis. Ci manca tanto. Lo sentiamo come una delle cose più importanti tra quelle meno importanti, o apparentemente superflue (ma non ditelo a chi ci lavora!). Cerchiamo allora di inserire nell’atto di fede nel futuro un ennesimo atto di Federer, anche se oggi sembra insensato. Un atto espresso in un decalogo di esercizi di resistenza (tennistica). Ora è possibile questo:

1. Convincersi che il tennis prima o poi tornerà. Non servono versetti biblici o di qualsiasi sapienza umana sotto il sole. Lo sentiamo, lo vogliamo, lo sappiamo: il tennis tornerà, nel quadro di giorni più luminosi.

2. Pensare che questa terribile prova forse allungherà di un anno la carriera di Roger. Lo rivedremo a Wimbledon l’anno prossimo, ce lo ha assicurato. Ma molto prima. E perché non alle Finals di Torino 2021? Fuori tempo massimo? Parafrasando un salmo: “Se mi metto a contare questi pensieri, sono più della sabbia. Poi mi risveglio e sono ancora con te”.

3. Rendersi conto che questa botta può – e sottolineo può – insegnarci comportamenti inediti. Per dire, apprezzeremo anche una sconfitta del Re (o di ogni nostro beniamino, sono buono…), pur di vederlo ancora in campo. Direbbe Qohelet: “C’è un tempo per vincere e un tempo per perdere”. E solo Sua Fluidità sa perdere come a Wimbedon 2019, regalando una partita già vinta: incommensurabile anche nella sconfitta.

4. Scegliere un match significativo e riandarselo a vedere, per intero. Magari a pezzi. Ma intero. Abbinandolo a una bella colonna sonora. È l’unico cedimento alla nostalgia. Il tempo che ora pare infinito tornerà a correre, dunque approfittiamo del frangente, memori che “la nostra vita arriva a 70 anni, a 80 se ci sono le forze. Gli anni passano presto e noi voliamo via…”. E quando lo si è visto, annotare le impressioni, collegando i colpi sublimi alla nostra vita, al senso del nostro esistere. Anche per spiegare ad altri, nero su bianco, il senso di un “Federer moment”. È il momento per parlarne tra noi. Per parlarci. Quando riavremo tanto tempo per dirci ciò che ci brucia nel cuore?

5. Cedere, sì, a un pensiero sul futuro: presto Roger smetterà di giocare, questo stop forzato ci fa abituare sempre più all’idea. “Quanto però a quel giorno e a quell’ora, nessuno sa nulla se non il Padre”, ha detto qualcuno.

6. Programmare, appena possibile, un torneo in cui andare a rivedere il tennis dal vivo. Meglio se con il Re in campo, ma qualsiasi match di alto livello ci darà nuova ebbrezza. “Dolce è la luce e bella per gli occhi la vista del sole” (Qohelet), anche su un campo da tennis.

7. Sedersi, respirando con calma. “Tutta l’infelicità dell’uomo deriva dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo” (Pascal). Seduti, in silenzio, affiorerà alla memoria un colpo del Re. Più colpi. E molto di più…

8. Credere nelle parole con cui il Direttore chiude l’editoriale del numero di aprile: “Il tennis, come il rock’n roll cantato da Neil Young in un’antica canzone, will never die, non morirà mai”. Ripetiamocelo ancora e teniamo viva la passione!

9. Sperare nel 21° Slam di Roger. Sempre meno opportunità? Che importa? “Chi non spera l’insperabile, non lo troverà” (Eraclito).

10. Amare la vita. E in essa la possibilità di aver visto e di tornare a vedere questo campione unico. Cosa volete che siano pochi mesi di digiuno?

Approfittiamone per dire: “Ti amo” a qualcuno. Basterebbe anche: “Ti voglio bene”.

Convincersi, pensare, rendersi conto, scegliere, cedere, programmare, sedersi, credere, sperare, amare: voci del verbo (r)esistere.

Buona Pasqua, ormai prossima, a tutti. Abbiamo più che mai bisogno di energie di resurrezione, in tante forme. Vi raggiunga l’augurio di un padre del deserto: “Alleniamoci ad aspirare vita da dentro la morte”. In attesa che la pallina gialla torni a volare. E noi, con lei, a fremere. Anzi, a RFemere.

Forza! C’m ooon!

© RIPRODUZIONE RISERVATA