Il circuito ATP abbraccia nuovamente Bernard Tomic, figura che ha spesso fatto discutere ma che ha indubbiamente le qualità per poter dire la sua

Foto di Ray Giubilo

«Il tennis è uno sport per pazzi, questo è sicuro. Ma poiché io gioco ancora, sono pazzo anch’io, e non voglio più pensare a tutte le cose improbabili che ho fatto nella mia carriera». Non servivano certo queste dichiarazioni, alla vigilia del primo turno del torneo di Almaty, in Kazakistan (perso contro Moutet) per farci capire che Bernard Tomic, è di lui che stiamo parlando, non è certo un uomo e un giocatore normale. Australiano di padre croato e madre bosniaca, Tomic, 33 anni mercoledì prossimo, passerà alla storia del tennis come un grande dissipatore del suo talento, quello che gli aveva consentito di vincere due titoli dello Slam tra gli junior, di arrivare nei quarti di finale a Wimbledon a diciotto anni, nel 2011, partendo dalle qualificazioni, di vincere quattro titoli Atp e di salire fino al 17° posto del ranking, nel 2016. «Riesce a vedere cose che gli altri non vedono», disse di lui Brad Gilbert. Tra super guadagni esibiti, comportamenti al limite della legalità e frasi da capitan Fracassa («voi mi criticate, io vado a contare i milioni che ho in banca», disse una volta in sala stampa), la parabola discendente di Tomic – attualmente numero 181 del ranking – dura ormai da una decina di anni, nei quali ha più volte ripetuto di giocare solo per soldi. Cosa difficile da credere, in quanto i tornei che frequenta da tempo, Challenger e Futures, spesso in sperduti posti del globo, non assicurano certo chissà quali guadagni. «Giocare mi fornisce uno scopo, senza il tennis non so cosa farei, è l’unica cosa che mi riesce bene – una sua recente e sincera ammissione – ci sono stati momenti nella mia carriera in cui mi sono impegnato al 100%, altri in cui ho dato il 30%. Ho cominciato a giocare seriamente a 8 o 9 anni, non ho avuto un’infanzia normale, e il tennis è qualcosa di cui non mi sono mai veramente innamorato».
Queste dichiarazioni ci forniscono forse un quadro più completo del caso-Tomic e possono spiegare almeno in parte le sue memorabili bravate, dall’arresto (a Miami, dieci anni fa) dopo una festa piuttosto movimentata in un hotel, con tanto di oltraggio a pubblico ufficiale e violazione di proprietà private, alla cacciata dagli spalti di un Challenger (a Santo Domingo) per comportamenti «fortemente inappropriati»; dal coinvolgimento, mai provato del tutto, in un giro di partite truccate – e Bernard durante l’interrogatorio tenne un atteggiamento «arrogante e fin troppo sicuro di sé» – a un video esageratamente esplicito con la sua fidanzata pubblicato su Only Fans. Senza dimenticare la partita di tennis più breve nella storia del circuito ATP, 28 minuti, persa da Tomic per 6-0 6-1 a Miami contro Nieminen nel 2014 e la discussione su chi fosse più forte tra lui e Kyrgios, altra bella testa calda del circuito. Nick chiese di giocare con in palio un milione di dollari, Tomic propose una sfida a pugilato…
«Ho fatto e detto cose di cui mi pento, però non posso tornare indietro. Da giovane non mi allenavo molto, sono passati tre anni da quando ho ricominciato a lavorare seriamente e i risultati stanno iniziando a vedersi – ha detto ad Almaty – avrei bisogno di tempo ma sto invecchiando, e non tornerò più il giocatore che ero a venti anni». Quest’anno Tomic è stato finalista in un paio di Challenger ed è riuscito a qualificarsi per due tornei del circuito maggiore, a Maiorca – dove ha passato il primo turno – e appunto ad Almaty. «Non so nemmeno in quale punto della classifica mi trovo adesso, ero sceso quasi verso il numero mille, ma ora mi sento motivato e se riuscirò a tornare tra i primi cento del mondo, potrò ritirarmi felice e senza sensi di colpa. E’ una sfida con me stesso». Sarebbe un buon modo per chiudere questo tormentato capitolo della sua vita.