Redazione
12 December 2018

Piqué all’Équipe: «Non c’è nessuna battaglia di ego tra me e Federer». E sulla nuova Coppa Davis…

L’Équipe Magazine ha realizzato una bella intervista al calciatore del Barcellona, coinvolto nella nuova formula della Coppa Davis. Che ha parlato del suo rapporto col tennis, dei rapporti tesi con Federer, di Novak Djokovic…
Gerard Piqué, 31 anni, si è affidato a quello che (giustamente) molti considerano il miglior quotidiano sportivo al mondo, L'Equipe, per parlare della nuova formula della Coppa Davis, dei rapporti tesi con Roger Federer, del cambio di opinione di Novak Djokovic, del suo rapporto col tennis e del ruolo di businessman. Difensore del Barcellona con contratto fino al 2022, il calcio resta la sua priorità ma con la società Kosmos ha rivoluzionato la Coppa Davis. E non si fermerà lì. Un personaggio intrigante, anche se i puristi del gioco non sono troppo favorevoli al nuovo format dell'Insalatiera.

Cos’è il tennis per Gerard Piqué?
Da ragazzino giocavo a calcio e tennis, poi ho pensato che sarei stato migliore come calciatore. Gioco ancora spesso in diversi club di Barcellona o al Real Club di Polo, dove mio padre è socio. Anche Shakira ha giocato tanto: adesso ha un piccolo problema al gomito ma adora questo sport, che l’aiuta anche a tenersi in forma per i suoi show. Per me, il tennis è molto utile sul piano della reattività e degli spostamenti brevi. E poi, colpire bene una palla da tennis è una sensazione unica.

Da dove è partita l’idea di riformare la Coppa Davis?
Dal principio del progetto, tre o quattro anni fa. Osservando che i giocatori più forti non la giocavano più, pur essendo una manifestazione dalla storia incredibile, abbiamo proposto alla Federazione Internazionale di cambiarne il formato. Una competizione prestigiosa ha bisogno che i migliori interpreti la giochino. All’ITF l’idea è piaciuta e all’assemblea generale di Orlando, lo scorso 16 agosto, il nostro progetto è stato accettato col 71% dei voti favorevoli. Stiamo cercando di fare un buon lavoro e di capire meglio il mondo del tennis che è complesso visto che sono coinvolti diversi organismi come l’ATP, l’ITF, i tornei del Grand Slam, alcuni personaggi influenti e un calendario difficile.

Ha viaggiato molto molto per convincere i giocatori a partecipare alla vostra Coppa Davis: Era anche al Masters di Londra…
Vero, abbiamo avuto un meeting molto positivo con l’ATP, i tornei del Grand Slam, Novak Djokovic in rappresentanza dei giocatori e l’ITF, quindi una ventina di persone riunite intorno a un tavolo per capire meglio la posizione dell’ATP e della sua ATP Cup (che è prevista dal 3 al 12 gennaio 2020 n.d.r.). Loro pensano, e noi anche, che avere due manifestazioni a squadre non è il massimo; per questo stiamo cercando un accordo tra ATP, ITF e Kosmos. Per organizzare un solo evento, insieme.

Cosa significa lavorare con l’ATP? Fare in modo che la loro Coppa diventi il primo turno della vostra Coppa Davis, per esempio?
Abbiamo riflettuto su diverse opzioni. Non possiamo annunciare nulla perché non siamo ancora giunti ad un accordo, ma siamo più vicini rispetto a prima del meeting di Londra… In ogni caso, la Coppa Davis si giocherà in due settimane, contro le quattro attuali e l’ATP potrebbe utilizzare quelle due settimane in più. Abbiamo discusso anche della possibilità che la Coppa Davis assegni dei punti ATP (come accadrà per l’ATP Cup con 750 punti distribuiti ai vincitori n.d.r.). Il nostro montepremi sarà di 20 milioni di dollari per il gruppo mondiale (contro i 15 milioni di dollari dell’AT Cup n.d.r.). Lavoriamo per un accordo futuro, in uno, due, tre anni… In linea generale, dobbiamo preservare la Coppa Davis perché è il cuore dell’ITF e del tennis. Se la Coppa soffrisse, l’ITF e il tennis ne soffrirebbero.

E anche la vostra immagine e quella della Kosmos…
Voglio che tutto funzioni, è chiaro. Ma io sono l’ultimo piccolo ingranaggio di questo affare e ciò che desidero è il meglio per il tennis e la Coppa Davis, perché è una manifestazione incredibile.
Ha incontrato Novak Djokovic al torneo di Shanghai: lo scorso mese di marzo, l’attuale numero uno del mondo si è dichiarato favorevole al vostro progetto, poi ha criticato la vostra data di novembre, prendendo posizione in favore dell’ATP Cup: è deluso da questo?
Ho un ottimo rapporto con Djokovic, è il presidente del consiglio dei giocatori ATP e difende al meglio gli interessi dei suoi colleghi, è normale. L’ho incontrato la prima volta due anni fa al Masters di Londra e ho sempre cercato di essere onesto e trasparente con lui, perché alla fine è il solo modo che funzioni. Penso che le sue idee siano molto simili alle nostre e comunque non voglio che il progetto diventi una questione tra me e Novak perché è una discussione tra ITF e ATP. Noi di Kosmos siamo partner dell’ITF e il nostro ruolo è fare in modo che si trovi un accordo tra le parti.

Crede che qualche top player non parteciperà alla vostra Coppa Davis?
I giocatori lottano per i loro interessi e quello che noi vogliamo e rendere le cose più facili. Ci siamo già adattati, abbiamo cambiato il formato e, al posto di giocare per quattro settimane, vaggiando molto, abbiamo accorciato l’evento a due settimane. Ci sono giocatori molto favorevoli come Rafael Nadal, Dominic Thiem, Marin Cilic… Altri che preferiscono avere due manifestazioni, altri ancora soluzioni differenti. Ci sono duecento giocatori e tutti hanno un’opinione diversa. È possibile che bisognerà sacrificare qualcosa. È possibile che anche i giocatori debbano sacrificare qualcosa.

I giocatori francesi sono molto contrari alla vostro formula. Richard Gasquet ha detto: «La Coppa Davis non è la Coppa del Mondo di calcio. Chi andrà mai a vedere Francia-Russia a Shanghai? Nessuno!». Cosa risponde?
Che il vecchio formato non funzionava in ogni caso. Bisognava cambiarlo. Le Federazioni, compresa quella francese, l’hanno accettato. Adesso non possiamo più guardare indietro, bisogna andare avanti. Credo che l’anno scorso la Francia abbia vinto la Coppa Davis senza incontrare nessun top 10. Capisco la posizione di Gasquet e dei francesi, ma se si vuole un grande evento, è doveroso che i migliori giocatori vi partecipino. Magari non l’anno prossimo o quello successivo, ma a lungo termine, deve tornare a essere una competizione sexy, interessante per i giocatori.

A quelli che dicono che voi siete la persona che ha ucciso la Coppa Davis, cosa risponde?
So che Federer ha detto che la Coppa Davis non deve diventare la Coppa Piqué. Ma io sono uno degli attori, non voglio assolutamente essere il volto di questa Coppa. Non sarà la Coppa Piqué. La Coppa Davis appartiene all’ITF, dunque alle Federazioni, che sono molto importanti in quanto rappresentano il futuro del tennis. Sono loro che investono sui giovani talenti e le nuove generazioni. È importante che la Coppa Davis sia forte perché i soldi arrivino a tutte le Federazioni, anche alle più piccole. L’ATP rappresenta i giocatori professionisti, ma il processo di sviluppo di un giovane talento verso il professionismo, è in carico all’ITF. L’ATP è molto importante, ma lo è anche l’ITF.
Lo scorso ottobre avete espresso un’opinione sull’età di Federer e l’usura delle sue gambe: si è pentito di aver fatto quella dichiarazione?
È stato un malinteso! Poette verificare il mio account Twitter. Ho sempre detto, da tanto tempo, che Roger è stato uno dei miei tre idoli, insieme a Michael Jordan e Leo Messi. Federer è al top e l’ho ripetto totalmente come giocatore, uno dei migliori della storia dello sport, non solo del tennis. Quello che ho detto è che ha una certa età e che deve scegliere i tornei da giocare perché non può più giocarli tutti. Non mi permetterei mai di criticare Federer come sportivo.

Federer ha detto che trova strano che un calciatore venga a occuparsi di affari nel mondo del tennis, come a mettere in dubbio la sua legittimità?
Sono un calciatore, certo. Ma sarebbe più legittimo il mio coinvolgimento nel tennis se fossi stato solo un businessman? Importa poco da dove si viene, quello che conta è ciò che si vuole realizzare, le proprie idee e convinzioni. E io, credo che il nostro progetto proterà dei benefici al tennis e ai giocatori.

C’è una battaglia di ego tra lei e Federer? Lui è anche proprietario di Team 8 che organizza la Laver Cup.
No, nessuna battaglia di ego e non voglio nemmeno cominciare questa discussione, né perderci del tempo. Siamo qui per portare un valore aggiunto, non per entrare in chissà quale battaglia… La mia priorità è lavorare tutti insieme per creare un grande evento.

Non ha mai incontrato Federer: perché?
Come con tutti gli altri, ho provato a parlarci ma è difficile… L’ho fatto col suo manager, Tony Godsick. Ognuno gestisce la sua carriera come meglio crede. Forse non vuole essere coinvolto in un progetto come questo. Per me va bene, rispetto la scelta.

Investirete nella Coppa Davis tre miliardi di dollari in 25 anni: come potete garantire una simile somma? Qual è il modello finanziario?
Essere coinvolti in una manifestazione come la Coppa Davis è molto sexy per un certo numero di investitori, come Larry Ellison, il proprietario del torneo di Indian Wells, per esempio, Ci sono diversi investitori sul progetto, come il gruppo Rakuten (giante dell’e-commerce giapponese diretto da Hiroshi Mikitani, molto vicino alla coppia Piqué-Shakira e diventato sponsor principale del Barcellona nd.r.). Sono fiduciosi. Ma non ci tengo troppo a parlare di soldi. Kosmos è un gruppo che investe nello sport, è evidente. Ma questa manifestazione è unica perché coinvolge non solo i giocatori ma anche i paesi, le bandiere, gli inni… Bisognerebbe parlare di questo, più che di soldi.
A capo di questa Coppa Davis avete messo due personaggi molto conosciuti nel mondo del tennis: Albert Costa (vincitore di Roland Garros nel 2002, della Coppa Davis come giocatore nel 2000 e come capitano nel 2009 e 2011) e Galo Blanco (ex giocatore e poi rinomato coach, prima di Milos Raonic e più recentemente di Dominic Thiem): crede possano garantire la sua credibilità?
Come detto, non voglio essere il volto di questa Coppa, ma creare un team straordinario di ex giocatori come Albert Costa e Galo Blanco che conoscono il gioco più e meglio del sottoscritto. Una ventina di persone stanno già lavorando a Kosmos Tennis. Io ho creato la pagina, loro devono scriverci sopra e far progredire il progetto, giorno dopo giorno.

Tra i vostri progetti c’è anche la Majesty Cup che ha scioccato il mondo del tennis: un torneo per 64 giocatori con tutto il montepremi di dieci milioni di dollari offerto al vincitore, sostanzialmente quanto si guadagna vincendo tutti e quattro i tornei dello Slam. Non le pare più poker che tennis?
La mia idea è di concentrarmi sulla Coppa Davis e arrivare a un accordo con l’ATP. Non pensiamo ad alcun altro format. I media hanno parlato di questa Majesty Cup ma non c’è mai stata alcuna dichiarazione ufficiale da parte nostra. È solo un’idea della quale forse si potrebbe discutere.

È pronto a lanciare anche qualche idea nuova nel mondo del calcio?
Certo. Stiamo lavorando su due progetti. Uno è quello di acquistare una squadra, ma non posso dire niente di più. L’altro di creare un nuovo evento o gestirne uno già esistente. Ma davvero, non posso aggiungere altro.

Parla di business anche con i suoi compagni di squadra?
Sì, c’è uno scambio di opinioni con alcuni giocatori e con altri che hanno giocato nel Barcellona. Con alcuni, come Cesc Fabregas, siamo anche partner d’affari, nell’e-sport per esempio. Leo Mesi e Carles Puyol sono legati a certi nostri progetti, con o senza Kosmos. Quando la carriera finisce, si ha spesso un bel budget per vivere bene, ma non si può restare a casa per quaranta, cinquanta o sessant’anni senza fare niente. Essere coinvolto in questi progetti mi rende felice. E imparo molto.

C’è la stessa adrenalina di quando si scende in campo?
È un altro tipo di adrenalina. Ma quando si firma un accordo con un investitore, c’è lo stesso riconoscimento. Crede in te. Se investe i suoi soldi, vuol dire che ha piena fiducia. È come segnare un gol. Significa che hai fatto un buon lavoro.

In ottobre è stato criticato, anche in seno alla sua squadra, per la sua presenza al torneo di Shanghai e per il fatto che investe molto tempo a occuparsi dei suoi affari: è ancora un calciatore al 100%
Ci sono state delle critiche, ma la settimana successiva abbiamo vinto contro il Siviglia, contro l’Inter, contro il Madrid… tre partite molto difficili. Ci sono sempre persone negative, persone che hanno bisogno di riempire i giornali. Ne conosco tanti. Ho fatto il viaggio andata-ritorno a Shanghai durante la pausa del campionato, come per quello di Londra. Il corpo non risente certo di un viaggio quando si ha una settimana davanti prima della partita successiva. Ho 31 anni e abbastanza esperienza per decidere cosa sia meglio per me. La mia priorità fino ai miei 35 anni (quando scadrà il contratto col Barcellona, nel 2022 n.d.r.) resta la mia carriera di calciatore.
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